Almaviva e la sede che non c’è | Caruso: “Il bene confiscato è disponibile”

di Maria Teresa Camarda

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Almaviva e la sede che non c’è | Caruso: “Il bene confiscato è disponibile”

| martedì 08 Ottobre 2013 - 06:18

“Se entro poche settimane Almaviva non avrà risposte concrete dalla Regione, saremo costretti a concentrarci nella sede di via Marcellini”. È arrivato l’ennesimo ultimatum dell’azienda che gestisce il più grande call-center a Palermo, Almaviva. La società chiede una sede unica, la Regione tace. Una vicenda che si è stirata lungo i mesi e che stenta a sbloccarsi, in una tira e molla tra Regione e azienda che ha scaricato la responsabilità dei quasi sei mila lavoratori del call-center sulle spalle dell’amministrazione regionale. La palla adesso è nel campo dell’assessore per le Attività produttive Vancheri.

L’azienda è stata chiara: o la Regione trova un edificio dove si possano trasferire tutti i lavoratori di Almaviva di Palermo, sia quelli della sede di via Cordova (ex Alicos) – abusivi dal 30 giugno 2013, data in cui scadeva il contratto d’affitto – sia queli della sede di via Marcellini (ex Cosmed) o andrà via da Palermo e dirotterà gli investimenti  verso altri lidi. Una spada di Damocle che pende sulle teste dei lavoratori del call-center.

Mesi fa l’assessorato alle Attività produttive, guidato da Linda Vancheri – che si sta occupando di trovare una soluzione alla vicenda con la III Commissione dell’Assemblea regionale siciliana – aveva proposto di ristrutturare e affittare all’azienda l’ex sede del call-center Telecom di via Ugo La Malfa. L’immobile risulta nella lista dei beni confiscati alla ex Immobiliare Strasburgo, quindi sotto il controllo dell’agenzia per i beni confiscati. Ciò avrebbe generato, a dire dell’assessorato, alcune lungaggini burocratiche. Ma il direttore dell’agenzia ha smentito: “Non abbiamo mai fatto opposizione – dice Giuseppe Caruso – volevano l’edificio per contrastare una deriva occupazionale? Potevano prenderlo. D’altronde volevano pagare un affitto, dunque non c’era nessun problema. Ne avevamo parlato anche nel corso di un incontro che si era svolto in prefettura, ma non si sono più fatti vivi”.

Senza opposizione da parte dell’Agenzia per i beni confiscati, sono meno comprensibili le ragioni per cui non si dà il via alle operazioni che poterebbero allo sblocco di questa situazione che da mesi non fa dormire sonni sereni ai dipendenti di Almaviva a Palermo. Il problema sono i soldi: la Regione non ha i fondi per ristrutturare l’edificio di via Ugo La Malfa. La cifra stimata per i lavori di predisposizione del call-center e affitto anticipato per i primi due anni si aggira intorno ai nove milioni di euro, che in un periodo di crisi economica, con i bilanci regionali all’osso, sono molti soldi. “Attiveremo a breve – annuncia l’assessore Vancheri – un’unità di crisi aziendale per occuparci finalmente più concretamente della vicenda e lavoreremo a stretto contatto con Bilancio e Programmazione perché quello è l’ostacolo più difficile da superare: trovare i soldi per realizzare il piano”. Probabilmente, se l’attività del Governo e del Parlamento siciliani non fosse bloccata per via della crisi tra Crocetta e Partito democratico, i soldi probabilmente si potrebbero trovare tra i fondi europei bloccati e mai riscossi. Quale miglior utilizzo di questi finanziamenti se non quello di salvare il posto di lavoro a circa sei mila lavoratori palermitani? Ma non è così semplice a quanto pare.

Semplice o difficile, una soluzione va trovata e presto. L’azienda ha lanciato un altro ultimatum, e ogni volta potrebbe essere l’ultimo. “Non è pensabile né sostenibile economicamente continuare a occupare anche via Cordova e mantenere operative due sedi”. Così si pensa a un temporaneo trasferimento di tutti i lavoratori nella sede di via Tommaso Marcellini, ex Cosmed. Ma i sindacati promettono battaglia: “Non accetteremo alcun trasferimento se non quello definitivo in una sede che possa accoglierci tutti – promette Rosalba Vella, Rsu di Slc Cgil – perché qualsiasi altra modalità, con il licenziamento dei Lap e di alcuni dipendenti (non c’è la capienza necessaria in via Marcellini, n.d.r.), non sarebbe altro che un preludio alla chiusura del call-center. Quindi, se capiremo che questa è la strada che si vuole percorrere, metteremo in campo tutti gli strumenti di lotta in nostro possesso”. D’accordo anche l’Rsu della Uil, Fabio Fidone: “In via Marcellini non ci entriamo – ha detto – allora speriamo che siano veri i rumors per cui si dice che il contratto d’affitto della sede di via Cordova possa essere prorogato per un altro po’, in attesa che la Regione trovi una soluzione”.

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