Riforme, la maggioranza applica “la tagliola” | La marcia delle opposizioni sul Colle

di Alessia Bellomo e Maria Teresa Camarda

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Riforme, la maggioranza applica “la tagliola” | La marcia delle opposizioni sul Colle

| giovedì 24 Luglio 2014 - 07:48

E tagliola fu. “Contingentamento, il voto deve concludersi entro l’8 agosto”. Ad annunciare la decisione della Conferenza dei capigruppo è il vicepresidente di Palazzo Madama, Maurizio Gasparri. È così che i rappresentanti dei partiti di maggioranza hanno deciso di risolvere il nodo dell’ostruzionismo sul voto del ddl Riforme in Senato, dove sei sedute sono servite per votare soltanto tre emendamenti su ottomila.

La scelta da parte della maggioranza di ricorrere all’articolo 55 del regolamento di Palazzo Madama per regolare i tempi di discussione, la cosiddetta tagliola, per non trascinare la votazione ad oltranza, è arrivata dopo una mattinata di colloqui e confronti a distanza. Resta, come da calendario già definito, che la prossima settimana, sulle riforme, le sedute saranno anche notturne, fino alle 24, e l’Aula si riunirà anche il sabato e la domenica.

Nell’annunciare il contingentamento dei tempi per le riforme, il presidente del Senato Pietro Grasso ha detto che i tempi complessivi ammonteranno a 115 ore. Otto ore saranno riservate per presidenza e relatori, 80 alle votazioni e 20 ripartite tra i gruppi. Al Pd spetteranno 4 ore e 24 minuti, a Fi 2 e 50, a M5s 2 e 15, a Ncd 2 ore, al Gruppo Misto (a cui appartengono Sel e gli ex M5s) 1 ora e 45, a Sc e a Pi 1 ora e 13. Inoltre 5 ore andranno a chi interverrà in dissenso al proprio gruppo.

“È una decisione grave ed irresponsabile. In Aula daremo battaglia”, afferma la senatrice di Sel, Loredana De Petris, al termine della capigruppo che ha stabilito la tagliola sul ddl costituzionale sulle riforme. Con la De Petris davanti alle telecamere si sono presentati anche i capigruppo di Lega e M5s, Centinaio e Petrocelli, che hanno definito l’esito della capigruppo “uno dei soliti giochetti di Renzi”.

E per protestare contro la “tagliola”, un centinaio di parlamentari di M5s, Sel, Lega e gruppo misto di Camera e Senato si sono riuniti nei pressi di Palazzo Madama per andare in corteo sotto al Quirinale per chiedere di essere ricevuti dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

“E’ l’ultima opportunità per Napolitano – si legge in una nota dei parlamentari 5 Stelle – di dimostrare che è il Capo di tutti gli italiani e non solo di una parte. Se rimarrà sordo a questo ultimo grido di allarme nulla sarà più come prima”.


La votazione del ddl Riforme al Senato non procede certo velocemente. E i lavori in Senato sono stati subito sospesi questa mattina mentre era in corso la votazione degli emendamenti: dopo avere respinto il primo messo in votazione, i senatori delle opposizioni hanno deciso di continuare con l’ostruzionismo, capeggiati dal Movimento 5 Stelle. Il presidente del Senato Grasso ha accolto la richiesta di sospensione presentata da Luigi Zanda, capogruppo del Pd: convocata d’urgenza la conferenza di tutti i capigruppo.

E se da un lato Matteo Renzi continua con l’ottimismo“Non ci sarà nessun ostacolo a fermarci”, ha ribadito all’inaugurazione dell’autostrada A35 Brebemi – dall’altro c’è un chiaro muro che non vuole crollare. Sono tanti i Senatori che ritengono impossibile il calendario deciso dal Governo – 7 giorni pieni per approvare le Riforme.

Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha comunque bocciato categoricamente l’ipotesi di un rinvio a settembre: “Il governo è sempre disponibile a migliorare il testo ma non a stravolgerlo”, ha ricordato “Andiamo avanti. Non è serio fare ostruzionismo in questo modo”.

A lanciare l’allarme sulle “gravi difficoltà rappresentate da un ostruzionismo esasperato”, che ieri ha snervato il presidente del Senato Piero Grasso, era già stato il capo di Stato, Giorgio Napolitano, che ha “insistito sul grave danno che recherebbe al prestigio e alla credibilità dell’istituzione parlamentare il prodursi di una paralisi decisionale su un processo di riforma essenziale”.

Ieri Grasso ha rilevato, in apertura dei lavori, una situazione mai vista prima: “Ho registrato un numero di richieste di voto segreto che non ha precedenti nella storia parlamentare, 920”. Grasso poi ha deciso di mettere lo scrutinio segreto per gli emendamenti che riguardano le funzioni delle Camera e le minoranze linguistiche.

Una decisione che ha subito scatenato i malumori soprattutto dal Pd stesso, con il vicepresidente del gruppo Stefano Lepri che ha parlato di “scelta incomprensibile”, seguito a ruota dal capogruppo Luigi Zanda che ha punzecchiato il presidente del Senato sui tempi: “Grasso aveva fatto cenno ai poteri di coordinamento della Presidenza. Oppure dobbiamo procedere a questi ritmi? Francamente mi sembra ci stia indicando molto sul nostro futuro”.

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