Roma, Genny ‘a carogna arrestato dalla Digos | Contestata anche la maglietta su Speziale

di Redazione

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Roma, Genny ‘a carogna arrestato dalla Digos | Contestata anche la maglietta su Speziale

| lunedì 22 Settembre 2014 - 10:03

Sono scattate le manette ai polsi di Gennaro De Tommaso, ovvero “Genny ‘a carogna“, il capo ultrà del Napoli coinvolto nell’inchiesta sugli incidenti accaduti a Tor di Quinto e all’interno dello stadio Olimpico di Roma il 3 maggio scorso in occasione della finale di Coppa Italia. L’ultrà è considerato tra i fautori di una “trattativa” con i giocatori per consentire il regolare svolgimento del match, subito dopo il ferimento di Ciro Esposito.

La richiesta di arresto è stata eseguita dalla Digos su ordine della Procura di Roma. Le ordinanze emesse sono complessivamente cinque. Genny ‘a carogna è stato posto ai domiciliari, viene considerato dalla Digos “leader e istigatore delle violenze” che si sono verificate alcune ore prima del match quando un centinaio di napoletani si concentrò in piazza Mazzini con fumogeni e petardi nell’intenzione, secondo l’accusa, di tendere agguati a tifosi della Fiorentina.

Agli arrestati sono contestati a vario titolo, i reati di concorso in resistenza a pubblico ufficiale e altre fattispecie previste dalla normativa speciale sulle competizioni sportive. “L’ordinanza di custodia nei confronti di De Tommaso e gli altri – sottolineano gli inquirenti – fa riferimento a condotte criminose, ulteriori a quelle in cui ha perso la vita Ciro Esposito, che hanno caratterizzato il prepartita della finale di coppa Italia Napoli/Fiorentina dello scorso 3 maggio, sia all’esterno dello stadio – alcuni episodi di resistenza nei confronti degli operatori di Polizia da parte di un gruppo di circa 100 ultras capeggiato da ‘Genny’, che all’interno dell’impianto”.

Nell’ordinanza di venti pagine il magistrato ricostruisce quanto avvenuto sia fuori che dentro l’Olimpico. Il gruppo di ultrà napoletani “è chiaramente animato – scrive il gip – soltanto da rabbia violenta da scaricare e privi di qualunque spirito sportivo: essi sono intenzionati solo a porre in essere comportamenti di intimidazione verso forze dell’ordine”. Il gip scrive che “parte della tifoseria napoletana, organica alle frange più estremiste degli ultras, marciano in modalità militare, con incedere in allineamento compatto e con utilizzo da parte dei tifosi posti in prima linea di bastoni e aste portate in senso orizzontale a garanzia del mantenimento dello schieramento”. Tutti con il volto travisato da passamontagna e bandane e senza vessilli del Napoli tanto che la “fede calcistica veniva dedotta dalle forze dell’ordine grazie all’inflessione campano-napoletana”. Una massa “in avanzamento a mo’ di guerriglia urbana”. Un quadro che si inserisce di seguito al “ferimento di un tifoso partenopeo (Ciro Esposito ndr) ad opera di altro tifoso, irrilevante la fede calcistica dell’aggressore, attualmente sottoposto a indagine (Daniele De Santis ndr)”. In questo quadro Genny “si staglia davanti a tutti con gesticolare eloquente di comando ed autorità riconosciuta, dà ordini” e “il gruppo obbedisce ai suoi comandi” perché lui “è il capo”.

L’incontro con il capitano del Napoli Marek Hamsik richiesto da Gennaro De Tommaso, ricostruisce il giudice, fu consentito per evitare che la situazione all’Olimpico degenerasse. Genny “aveva minacciato l’invasione di campo e il compimento di atti di violenza se non avesse avuto un colloquio con Hamsik” e questo dopo che si era sparsa la notizia del ferimento di Esposito. Il gip cita la relazione di servizio del dirigente Digos che riferisce di una “situazione di alta tensione all’interno dello stadio Olimpico, già palesata dai fischi in concomitanza con l’inno nazionale”. E “a fronte di una certa prevedibile degenerazione della situazione che avrebbe potuto portare a tragiche conseguenze con pregiudizio anche di veri tifosi intenti pacificamente ad assistere alla competizione sportiva, la soluzione cui si perveniva era quella di consentire il richiesto incontro”.

Il gip sottolinea inoltre che l’ultrà napoletano “ostenta con orgoglio una maglietta con la terribile scritta impressa davanti ‘Speziale libero’, in tal modo richiamando l’episodio tragico dell’uccisione dell’ispettore” di polizia Filippo Raciti, durante gli scontri del derby Catania-Palermo del 2007.

“In scienza e coscienza mi sento di affermare che la scritta ‘Speziale libero’ non è affatto un incitamento alla violenza, o un’ingiuria, o una minaccia, ma è esclusivamente l’esternazione del principio di manifestazione del libero pensiero, sancito dall’articolo 21 della Costituzione Italiana che non mi risulta sia stato ancora abrogato”, commenta l’avvocato Giuseppe Lipera, difensore di Antonino Speziale. “Non si dimentichino, peraltro – aggiunge il penalista – le varie importanti iniziative giudiziarie ancora oggi pendenti col fine di revisionare la sentenza di condanna di Antonino Speziale, ancorchè una sentenza della Cassazione avesse annullato senza rinvio l’ordinanza di custodia cautelare per mancanza di indizi. Ricordo centinaia di articoli di giornale e che è stato fatto anche un libro dove sono allegati tutti gli atti processuali. Io spero sempre – conclude l’avvocato Lipera – che il tempo sia galantuomo perchè la verità è figlia del tempo”.

Gli altri supporter sottoposti ad obbligo di firma sono: Mauro Alfieri, Salvatore Lopresti e Genny Filacchione. Durante il percorso verso lo stadio i supporter napoletani, sottolineano gli investigatori, “si sono resi responsabili di diversi episodi di resistenza a pubblico ufficiale anche attraverso il lancio verso gli agenti di fumogeni”. La visione successiva dei filmati effettuati dalla polizia Scientifica ha permesso di individuare singole condotte penalmente rilevanti.

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