Il 21 novembre la “notte bianca” dei call center | I sindacati: “Il governo deve intervenire”

di Maria Teresa Camarda

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Il 21 novembre la “notte bianca” dei call center | I sindacati: “Il governo deve intervenire”

| venerdì 17 Ottobre 2014 - 15:56

Una vera e propria notte bianca per i call center, una manifestazione organizzata dalle segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil che hanno deciso di dichiarare la seconda giornata di sciopero nazionale del settore con una manifestazione a Roma il prossimo 21 novembre.

Le organizzazioni sindacali inviteranno il mondo della cultura, dello spettacolo, della società civile e della politica ad incontrare e confrontarsi con i lavoratori del settore e a solidarizzare con loro nella dura vertenza che li contrappone al Governo.

“Mentre la vertenza che vede contrapposte British Telecom e Accenture con 262 licenziamenti non ha ancora trovato una soluzione, oggi E-Care ha annunciato la volontà di procedere alla chiusura della sede Milanese con il licenziamento di oltre 500 persone. Nelle prossime settimane – scrivono in una nota i sindacati – la chiusura delle gare di Enel, Comune di Roma e il continuo ribasso delle tariffe praticato dai clienti porterà all’avvio di ulteriori licenziamenti di centinaia di dipendenti”.

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“Quanto sta accadendo – proseguono – era stato previsto e preannunciato tanto che il Governo aveva avviato, nel mese di giugno, un tavolo di crisi per il settore. In tale occasione le organizzazioni sindacali avevano evidenziato come, l’errata trasposizione della Direttiva Europea 2001/23 sulla tutela dei lavoratori, con la mancata estensione delle tutele previste dall’articolo 2112 del c.c. in occasione della successione o cambio di appalti ha creato in Italia un vuoto normativo che consente di creare crisi occupazionali esclusivamente per ridurre il salario dei lavoratori e ridurne i livelli di diritti. A ciò si aggiungono gli incentivi per le nuove assunzioni già oggi previsti dalla legislazione, legge 407/90, per le regioni del sud che prevedono il mancato versamento contributivo per i primi tre anni”.

“In questo modo – attaccano – il committente mantiene basso il costo con gli sgravi contributivi permanenti e le retribuzioni dei lavoratori ai minimi contrattuali e senza anzianità mentre lo Stato paga due volte, gli ammortizzatori sociali per i disoccupati e gli incentivi per le nuove assunzioni, senza creare nemmeno un posto di lavoro nuovo.

In nessun Paese Europeo ciò è possibile in quanto il recepimento della direttiva su citata ha portato al varo di leggi che direttamente, come nel caso della TUPE inglese, o con rimandi ai contratti di lavoro, come nel caso spagnolo, impone di garantire continuità occupazionale in caso di successione di appalti per le stesse attività. “In questo modo quei mercati hanno deciso di premiare le aziende che investono in tecnologia – spiegano Slc Cgil, Fistel e Uilcom – e che riescono ad essere efficaci sviluppando ed investendo in IT e ricerca. In Italia no! L’Italia premia l’imprenditore più spregiudicato che viola regole e leggi e in questo modo comprime il costo del lavoro, chi invece prova a competere nel rispetto delle regole viene messo fuori mercato con la conseguenza che i lavoratori saranno licenziati”.

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