Aldrovandi, gli agenti devono risarcire il ministero | Dovranno pagare oltre 560 mila euro

di Redazione

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Aldrovandi, gli agenti devono risarcire il ministero | Dovranno pagare oltre 560 mila euro

| venerdì 27 Marzo 2015 - 16:26

La Corte dei Conti ha deciso che gli agenti condannati per il caso Aldrovandi devono risarcire con oltre 560 mila euro il ministero dell’Interno, che pagò i danni alla famiglia.

“È la giustizia che va avanti”, è il primo commento di Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, alla decisione della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna che ha condannato i quattro agenti responsabili della morte del figlio, 18enne ucciso in un parco a Ferrara il 25 settembre 2005 durante un controllo di polizia, a risarcire il ministero dell’Interno.

 Dalla lettura degli atti del processo penale, “si evince che il comportamento” dei quattro poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi “risulta essere stato incontestabilmente ed inequivocabilmente gravemente contrario ai propri doveri d’ufficio”. Lo scrivono i giudici della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna nella sentenza.

Il danno subito dall’Amministrazione, proseguono i giudici contabili “costituito dalla somma pagata a titolo di risarcimento per il danno subito dagli eredi” del giovane morto nel 2005 “costituisce conseguenza diretta e immediata del comportamento gravemente colpevole dei convenuti”.

I giudici, che hanno condannato Enzo Pontani e Luca Pollastri a pagare ciascuno 224.512 euro, contro i 56.128 di Paolo Forlani e Monica Segatto, spiegano che hanno ritenuto di differenziare “il quantum di danno risarcibile dai poliziotti facenti parte del primo equipaggio, rispetto ai componenti della seconda pattuglia, in relazione alla tempistica dell’operazione di Polizia, così come desunta dagli atti del processo penale, che vedeva gli agenti Pollastri e Pontani intervenuti per primi sul posto”.

Rispetto all’eccezione difensiva sulla mancata partecipazione degli agenti alla transazione tra Ministero e famiglia, il collegio, citando giurisprudenza, osserva che la transazione “resta un mero fatto che il giudice contabile non può ignorare, ma da cui non resta vincolato ai fini della determinazione della responsabilità e del quantum da porre a carico del convenuto”.

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