“Alfano e Schifani eletti con i voti della mafia” | Al processo “trattativa” parla il pentito D’Amico

di Redazione

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“Alfano e Schifani eletti con i voti della mafia” | Al processo “trattativa” parla il pentito D’Amico

| venerdì 17 Aprile 2015 - 14:28

Angelino Alfano e Renato Schifani eletti coi voti della mafia, Berlusconi pedina di Riina e dei Servizi. Il pentito messinese Carmelo D’Amico, teste al processo sulla trattativa Stato-mafia, aveva promesso di fare i nomi dei potenti e ha “sparato” decisamente in alto, fino al ministro dell’Interno, all’ex presidente del Senato e al capo dell’opposizione. Dichiarazioni, inutile sottolinearlo, che devono trovare i necessari riscontri e che lasciano perplessi sia per la tempistica che per il fatto che molte informazioni sarebbero state apprese “de relato”.

“Nomi di persone capaci di tutto, possono entrare nelle carceri e uccidere simulando suicidi e morti naturali. Sono loro che dirigono la politica e cercheranno di togliermi di mezzo come volevano fare con lei, dottor Di Matteo”. D’Amico ha aggiunto di avere appreso la circostanza in carcere. “Alfano lo aveva portato la mafia, ma lui poi le ha girato le spalle”.

Notizie apprese da altri detenuti, voci riportate e pochi fatti di cui ha conoscenza diretta, nella deposizione di D’Amico, che  ha ammesso: “Finora non ho detto tutto per paura. Temo per me e per la mia famiglia, ma se mi tutelate, dico tutto”.

D’Amico ha raccontato che “Forza Italia è nata perché l’hanno voluta i Servizi segreti, Riina e Provenzano per governare l’Italia. Berlusconi era una pedina di Dell’Utri, Riina, Provenzano e dei Servizi”. D’Amico, infine, ha rivelato che in carcere i boss votarono tutti Forza Italia.

Sulla trattativa Stato-Mafia ha detto: “Il boss Rotolo mi rivelò che, spinti dai Servizi i ministri Mancino e Martelli si rivolsero a Ciancimino, tramite Cinà, per arrivare a Riina e Provenzano. Riina non voleva accettare i contatti, poi fu convinto da Provenzano e insieme scrissero alcuni punti come quelli sull’alleggerimento delle normative sui sequestri dei beni”.

Da Rotolo, D’Amico ha detto di aver appreso che “i mandanti delle stragi di Falcone e Borsellino erano Andreotti, altri politici e i Servizi segreti che volevano governare l’Italia”.

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