Ucciso in Pakistan un cooperante italiano | Gli Usa ammettono il drammatico errore | Obama: “Mi assumo la responsabilità” /VD

di Redazione

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Ucciso in Pakistan un cooperante italiano | Gli Usa ammettono il drammatico errore | Obama: “Mi assumo la responsabilità” /VD

| giovedì 23 Aprile 2015 - 15:51

È morto Giovanni Lo Porto, il cooperante palermitano rapito nel gennaio 2012 durante una missione per conto della Ong tedesca Welt Hunger Hilfe. Il giovane è stato ucciso in un raid Usa contro al Quaeda nel gennaio scorso, al confine tra Pakistan e Afghanistan: lo ha reso noto la Casa Bianca. L’operazione anti al Qaida in cui sono rimasti uccisi l’ostaggio italiano e quello americano Warren Weinstein sarebbe stata condotta con un drone della Cia. Lo riporta il Wall Street Journal citando fonti dell’amministrazione Obama. Martedì prossimo alle 11 il sottosegretario con delega all’Intelligence Marco Minniti riferirà al Copasir sulla vicenda. L’audizione è stata chiesta all’unanimità dai membri del comitato presieduto da Giacomo Stucchi. E domani il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sarà in Parlamento per fare il punto sulla morte del giovane cooperante.

Secondo il Washington Post, Obama avrebbe parlato personalmente mercoledì con la moglie di Weinstein, Elaine, e con il primo ministro italiano Matteo Renzi per informarli dell’operazione. Un particolare che ha già aperto uno scontro politico tutto italiano sui tempi e le rivelazioni al paese, da parte del premier, della vicenda del cooperante palermitano ucciso nel raid americano.

> CHI ERA GIOVANNI LO PORTO

Il presidente americano, Barack Obama, “si assume la piena responsabilità delle operazioni in cui sono rimasti uccisi gli ostaggi di al Qaida Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein”: lo afferma la Casa Bianca, precisando che “il presidente ha dato direttive per diffondere più informazioni possibile”Obama ha sentito al telefono il presidente del Consiglio Matteo Renzi e ribadito i rapporti di amicizia tra i due Paesi.

Poi in diretta ha chiesto scusa nel corso di una dichiarazione durante una conferenza stampa: “È una realtà crudele, ma una delle cose che distingue l’America dalle altre nazioni è la nostra volontà di migliorare grazie alle lezioni che impariamo dai nostri errori. Faremo di tutto per non  ripeterli. Ci uniamo al dolore delle famiglie di Warren e Giovanni. Il nostro Paese si mette sempre al servizio della pace. Erano due uomini che erano andati in Pakistan per aiutare le popolazioni. Giovanni come Warren si era innamorato di quel paese. Non ci potrebbe essere un contrasto più netto tra loro e Al Qaeda. Che Dio li benedica e possa confortare le loro famiglie nel corso degli anni”.

“Obama ha chiesto scusa? Grazie”. È stata questa la risposta secca di uno dei fratelli di Giovanni Lo Porto, alle domande dei cronisti che gli chiedevano un commento alle scuse rivolte dal presidente degli Stati Uniti ai familiari degli ostaggi morti. I parenti della vittima ai giornalisti radunati davanti all’abitazione della famiglia hanno chiesto di rispettare il lutto che li ha colpiti. “Abbiamo appreso della sua morte stamattina dalla Farnesina, adesso però lasciateci in pace”. Profondo dolore anche per la madre del giovane che aspettava ancora il ritorno del figlio.

> IL DOLORE DELLA MADRE DI GIOVANNI

La Casa Bianca ha fatto sapere: “Non avevamo motivo di ritenere che nessuno due ostaggi fosse presente”. L’ostaggio italiano era detenuto assieme a padre Paolo Dall’Oglio uno degli ultimi due italiani ancora prigionieri di bande di sequestratori.

Warren-Weinstein

(Nella foto Warren Weinstein, l’ostaggio americano ucciso)

LA RICOSTRUZIONE DEL RAPIMENTO – Giovanni, 39 anni, Giancarlo per gli amici e i familiari, era stato rapito il 19 gennaio del 2012 insieme con il collega tedesco Bernd Muehlenbeck, 59 anni, dal compound di Multan nell’ambito di un progetto finanziato dall’Ue per soccorrere la popolazione del Pakistan sconvolta da un violento terremoto a cui era seguita un’alluvione. L’unico segnale indiretto della sua esistenza in vita, risale all’ottobre del 2012 quando venne postato sul web un video nel quale Muehlenbeck, sosteneva che entrambi erano in pericolo di vita e chiedeva un intervento urgente per ottenere la loro liberazione.

Su Facebook era nato un gruppo: “Vogliamo Giovanni Lo Porto libero”, ed era stato anche realizzato un video in cui da diverse parti del mondo si chiedeva la sua liberazione.

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