Unioni civili, parole d’amore per chiedere pari diritti e pari dignità

di Salvatore Lo Presti

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Unioni civili, parole d’amore per chiedere pari diritti e pari dignità

| martedì 26 Gennaio 2016 - 18:52

Mi chiamo Salvatore e sono gay, non è una situazione che ho scelto, sono sempre stato gay da quando ne ho memoria, sono nato da genitori eterosessuali, e dopo tutte le parole che ho letto in questi ultimi giorni, certo molte parole d’amore e uguaglianza e sostegno ma anche molte di odio e paura (da ambo le parti) ho deciso di esprimere alcuni concetti che credo possano essere esplicativi (ma magari no) di quello che è il pensiero e il cuore di molti giovani (e non) gay italiani.

Premessa. Il 28 gennaio l’Italia discuterà in aula il decreto Cirinnà, che si occupa di regolamentare le unioni civili (etero e omosessuali) e la stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio biologico del coniuge.

Oggi l’Italia è l’ultima democrazia a non avere una regolamentazione il tal senso, sono molti infatti i connazionali gay costretti a migrare all’estero per vedere riconosciuti i propri diritti, cosa non più ammissibile per un paese che si definisce (appunto) democratico e attento alle necessità del popolo.

A far sentire la propria voce, sabato 23 gennaio in 98 piazze Italiane (anche nel resto d’Europa sono scesi in sostegno della causa gay Italiana) sono accorsi più di un milione di persone: gay etero e famiglie “regolari” per chiedere al governo di non rimandare più una questione tanto importante, perché gli Italiani sono stanchi di dover puntualizzare (amore gay, amore etero).

L’amore è amore e non deve essere trasformato in strumentalizzazione politica, per cui SvegliatiItalia (come recita lo slogan della manifestazione). Non sono chiaramente mancate le polemiche, e subito sui social si scatenano guerre. “La famiglia è una cosa sacra”, o ancora “i bambini non si toccano”,” lui non potrà mai dire mamma”. Commenti poco graditi dalla comunità gay italiana.

L’omosessualità non è una scelta, non c’è nulla di cui aver paura e nulla di cui vergognarsi, ma il percorso non è sempre facile, a volte ci si scontra con una cattiva informazione, con la paura di ciò che non si conosce, tutte cose che portano a episodi di intolleranza.

Quello che chiediamo, quello che vogliamo non è affatto la disgregazione della famiglia tradizionale (come potremmo?) semmai vogliamo arricchire di nuove sfumature, di nuovi concetti quello che è la famiglia, perché come già dimostrato nel resto d’Europa e del mondo la famiglia tradizionale esiste ancora, con l’estensione dei diritti delle unioni civili non si diventa gay  in automatico, gli eterosessuali rimangono tali e continuano le loro vite. Quello che si richiede oggi è appunto di essere trattati come cittadini con pari diritti e dignità. Perché in fondo su cui riversiamo il nostro amore, chi decidiamo sia il nostro compagno o compagna per la vita non affare di nessuno se non nostro.

Credo che chiunque, gay e non, alla fine spera di trovare qualcuno con cui condividere il resto della vita, ed è quindi giusto che questo desiderio sia riconosciuto ai sensi di legge. Oggi noi vogliamo garantire una solidità economica e sociale a chi ci è accanto, vogliamo che chi ci è accanto possa farlo in salute e in malattia, vogliamo poter essere sicuri che quando noi non ci saremo più, colui o colei che abbiamo sempre avuto accanto, possa continuare la sua vita in maniera serena. Magari nella casa che si è costruiti insieme, con i frutti del lavoro (e delle tasse) di una vita. Perché quando qualcuno è innamorato fa così, si preoccupa sempre del benessere della persona che ama.

Perché noi gay non siamo solo quelli vestiti di pelle che vanno nei locali tutte le sere, non siamo solo quelli del sesso promiscuo, che cantano e ballano vestiti di chiffons. Siamo l’impiegato di banca che vi sorride ogni giorno, siamo il panettiere che vi vende il pane e siamo il meccanico che vi ripara la macchina. Essere gay non è uno stile di vita, essere gay non è uno stereotipo, essere gay è come essere etero e cioè una minima parte di ciò che rende un uomo o una donna tali cioè esseri umani.

Noi sappiamo che in una famiglia tradizionale non tutti i mariti tradiscono (o viceversa) , non tutti picchiano e abbandonano figli, noi lo sappiamo perché anche noi abbiamo una famiglia anche noi sappiamo come va il mondo, in virtù di questo anche noi dovremmo avere la possibilità di crearcene una.

Tutti sembrano preoccupati di come potrebbero crescere dei bambini all’interno di una coppia same-sex. Sappiamo che crescere un figlio non è facile, che occupa ventiquattro ore al giorno sette giorni su sette, trecentosessantacinque giorni l’anno. Come ci insegnano i cugini Europei, le famiglie dello stesso sesso che hanno e che continuano a crescere dei figli lo hanno fatto in assoluta tranquillità crescendo bambini sani e sereni (ed etero).

Sappiamo però che per crescere sani e felici oltre una famiglia salda, occorre una società liberà da preconcetti e da paura del diverso, per cui cominciamo già da adesso a insegnare che del diverso non deve esserci paura, bisogna insegnare ai piccoli di oggi che bisogna imparare da chi e diverso, confrontarsi, che ogni tipo di amore è importante, che l’amore non è qualcosa da giudicare o da nascondere, che se due donne o due uomini si tengono per mano non sono da condannare o da denigrare, non si denigra chi si ama.

Non siamo una minaccia per la famiglia tradizionale, vorremmo solo che la famiglia tradizionale non sia una minaccia per noi.

Solo una cosa mi rimane da dire, l’uguaglianza non è impossibile ma richiede impegno da parte di tutti, perché anche noi siamo Italiani, e come tali abbiamo diritto allo stesso trattamento, magari il nostro orientamento è diverso ma l’amore che proviamo è lo stesso.

 

 

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