Trattativa Stato-mafia, Ciancimino parla ancora | “Con Falcone avevo un rapporto affettuoso”

di Redazione

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Trattativa Stato-mafia, Ciancimino parla ancora | “Con Falcone avevo un rapporto affettuoso”

| venerdì 05 Febbraio 2016 - 14:33

Massimo Ciancimino ancora protagonista all’aula bunker di Palermo. Nella nuova udienza sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo parla del misterioso signor Franco: “Non ho mai riconosciuto con assoluta certezza negli album fotografici il signor Franco, l’uomo che faceva da tramite tra mio padre e le istituzioni”.

Il signor Franco era un importante esponente dei Servizi, personaggio molto influente e capace di mettere in contatto Vito Ciancimino e il boss Bernardo Provenzano: “Avevo uno o due numeri del suo cellulare registrati sulla sim – racconta Ciancimino – Quando mio padre era vivo era lui a darmi il numero e io lo chiamavo da diverse cabine telefoniche. Il prefisso era di Roma”.

“Dopo la morte di mio padre, – ha aggiunto Ciancimino – io usavo l’utenza intestata a un mio amico”. Quindi il riferimento ad un evento significativo risalente al 2006, quando al figlio dell’ex sindaco, indagato per riciclaggio, vennero sequestrati i cellulari con le sim: “Al momento della restituzione del cellulare in cui era inserita ha raccontato – non la trovammo più».

Ma è il racconto dei presunti rapporti intrattenuti con Giovanni Falcone a sorprendere maggiormente: “Tra me e Falcone si era creato un rapporto affettuoso. Ha sempre trovato tempo per ricevermi e aveva manifestato un’apertura nei miei confronti“.

“Ho cercato di fare collaborare mio padre con la giustizia perché Falcone aveva mostrato interesse alla cosa e avevo capito che era disposto a stralciare la posizione di mio padre dal maxiprocesso – prosegue Ciancimino – Poi, però, mio padre si tirò indietro e non se ne fece nulla”.

Capitolo Riina: “Mio padre considerava Riina un animale che non capiva che, alzando il livello come aveva fatto con l’omicidio Lima, ci sarebbero state ritorsioni da parte delle istituzioni. Era preoccupato perché in quel momento la gestione del potere era in mano a Riina visto che Provenzano voleva defilarsi”.

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