Via Crucis, il Papa: ‘Nei profughi il volto di Cristo’ | Si medita su abusi, persecuzioni, famiglie diviseFT

di Denise Marfia

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Via Crucis, il Papa: ‘Nei profughi il volto di Cristo’ | Si medita su abusi, persecuzioni, famiglie diviseFT

| venerdì 25 Marzo 2016 - 21:13

È iniziata alle 17 nella Basilica di San Pietro, la lunga giornata del Venerdì Santo per Papa Francesco. Nel pomeriggio c’è stata la celebrazione della Passione del Signore, con la riflessione offerta da padre Raniero Cantalamessa.

Poi, alle 21.15, di fronte alle arcate del Colosseo il rito della Via Crucis in diretta mondovisione, con le meditazioni del cardinale arcivescovo di Perugia, Gualtiero Bassetti. Si tratta della quarta Via Crucis di Bergoglio.

Tra i temi principali quello dell‘immigrazione, già anticipato ieri con la lavanda dei piedi del Giovedì Santo ai profughi, al Cara di Castelnuovo di Porto.

“Come non vedere il volto del Signore in quello dei milioni di profughi, rifugiati e sfollati che fuggono disperatamente dall’orrore delle guerre, delle persecuzioni e delle dittature?”

L’arcivescovo di Perugia evidenzia come di fronte alle paure dell’uomo, al dolore, alle persecuzioni e alla violenza, la misericordia sia “il canale della grazia che da Dio arriva a tutti gli uomini e le donne di oggi”.

Bassetti si sofferma, nelle 14 stazioni, sui migranti e i profughi, passando per i cristiani perseguitati, i bambini abusati, le famiglie lacerate o senza lavoro, la memoria dolorosa degli ebrei sterminati nei lager, fino alle “ostentazioni” dei potenti di oggi.

Quando Gesù cade la prima volta sotto il peso della croce, Bassetti sottolinea che “ci sono situazioni di sofferenza che sembrano negare l’amore di Dio. Dov’è Dio nei campi di sterminio? Dov’è Dio nelle fabbriche dove lavorano come schiavi i bambini? Dov’è Dio nelle carrette del mare che affondano nel Mediterraneo?”. “Ecco, Cristo è lì. Scarto tra gli scarti. Ultimo con gli ultimi. Naufrago tra i naufraghi”.

La seconda caduta di Cristo insegna che il peccato fa cadere più volte e che non ci si salva da soli. Si prega, dunque, “per tutte quelle situazioni di sofferenza che sembrano non avere senso, per gli ebrei morti nei campi di sterminio, per i cristiani uccisi in odio alla fede, per le vittime di ogni persecuzione, per i bambini che vengono schiavizzati sul lavoro, per gli innocenti che muoiono nelle guerre”. Ma l’invocazione non si ferma lì, riguarda anche “tutti gli orfani della terra”, “tutte le donne oggetto di sfruttamento e violenza”. “Il tuo volto, Signore, io cerco!”, e citando il Salmo 27 prosegue: “Aiutami a trovarlo nei fratelli che percorrono la strada del dolore e dell’umiliazione. Fà che io sappia asciugare le lacrime e il sangue dei vinti di ogni tempo, di quanti la società ricca e spensierata scarta senza scrupolo”.

Poi con la terza caduta è il turno degli “uomini, le donne e i bambini” che “soffrono per una famiglia spezzata”, di coloro che “pensano di non avere più dignità perché non hanno un lavoro”, e a “quante volte i giovani sono costretti a vivere una vita precaria e perdono la speranza per il futuro”.

Bassetti si sofferma poi sulla “la banalità del male” impersonata dai soldati che ai piedi della croce si contendono le vesti di Gesù, sul corpo spogliato di Gesù che “racchiude in sé l’immenso dolore dell’umanità e racconta tutte le sue piaghe. Soprattutto quelle più dolorose: le piaghe dei bambini profanati nella loro intimità”.

L’arcivescovo, in riferimento a Gesù che muore in croce, cita i cristiani uccisi e i perseguitati nel mondo: “Il XX secolo è stato definito il secolo dei martiri: esempi come quelli di Massimiliano Kolbe ed Edith Stein esprimono una luce immensa. Ma ancora oggi il corpo di Cristo è crocifisso in molte regioni della terra. I martiri del XXI secolo sono i veri apostoli del mondo contemporaneo”. E anche Gesù, dopo la morte, viene raccolto “con la forza della fede” da Giuseppe d’Arimatea “da sconfitto. Da malfattore, Da rifiutato. Il silenzio, la semplicità e la sobrietà con cui Giuseppe si avvicina al corpo di Gesù contrasta con l’ostentazione, la banalizzazione e la fastosità dei potenti di questo mondo” è un nuovo spunto che ci porta ai nostri giorni.

E, in ultimo, ecco i recentissimi fatti di cronaca: “Sembrano, ormai, tante stazioni della Via Crucis: Bruxelles, in questi giorni; e poi anche New York e Parigi, il Kenya e la Tunisia, il Mali e lo Yemen, la Siria, il Mar Mediterraneo e il Mar Egeo… come pure i tanti presidi militari che vediamo moltiplicarsi nelle città, quasi come in un assetto di guerra”.

“E il male inspiegabile, il terrore incontrollabile, le fughe inarrestabili sono – erano già – il dolore, il peso specifico della Croce che il Figlio di Dio ha portato e continua a portare tra le strade del mondo”.

Nelle 14 stazioni, la croce è stata portata dal cardinale Agostino Vallini, vicario del papa per la diocesi di Roma, da famiglie, disabili, allievi di istituti cattolici, dai frati di Terra Santa e da persone di varie nazionalità: tra gli altri, dalla Cina, dalla Russia, dalla Siria, dal Centrafrica. Al termine della Via Crucis, il Pontefice ha recitato una preghiera da lui composta.

Anche gli ex reali del Belgio, Alberto II e Paola Ruffo di Calabria, genitori dell’attuale sovrano Filippo, hanno partecipato alla Via Crucis.

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