Usa, Trump: “Ora voglio una nazione unita” | Spari a Portland: un ferito, Los Angeles: 200 fermi

di Redazione

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Usa, Trump: “Ora voglio una nazione unita” | Spari a Portland: un ferito, Los Angeles: 200 fermi

| sabato 12 Novembre 2016 - 08:08

Non si placa il clima di tensione che sta facendo da scenario al post elezioni negli Stati Uniti con marce e sit-in per la terza notte consecutiva, da Miami a Filadelfia, da Columbus a New York, anche nei pressi della Trump Tower (al grido di “Not My President”).

Circa 200 persone sono state arrestate a Los Angeles. In tremila hanno marciato fino alla City Hall nella città californiana, con bandiere americane e cartelli con la scritta ‘Not my president’. Migliaia di persone sono scese in strada anche a New York, in un corteo che si snoda da Union Square fino alla Trump Tower, la residenza del magnate.

La situazione più critica è a Portland (Oregon) dove il corteo è degenerato in scontri, nell’ambito del quale una persona è stata colpita da un colpo di pistola (si ipotizza alla gamba) nei pressi del ponte Morrison, con la polizia locale che ha invitato la popolazione ad evacuare immediatamente l’area. La polizia (costretta a che all’uso di granate stordenti e lacrimogeni) afferma che l’attentatore sarebbe “un maschio afroamericano”.

Tutto ciò nella giornata in cui Donald Trump ha concesso la prima intervista ufficiale da presidente eletto degli Stati Uniti d’America al Wall Street Journal, nella quale risponde seccamente a chi lo accusa di una retorica troppo spinta: “Non ho esagerato. Per il semplice motivo che poi alla fine ho vinto. Ma ora è diverso, ora voglio una nazione unita in cui ci si ama gli uni con gli altri. Ci tengo a sottolinearlo”.

Sul fronte economico, Trump ribadisce la necessità di creare posti di lavoro (anche con appalti in infrastrutture) e rivedere al ribasso la tassazione per le aziende e i loro prodotti; il neo presidente ha inoltre aperto ad una possibilità di rivedere solo alcuni punti di Obama Care (la riforma della sanità voluta dai democratici e che Trump aveva invece annunciato di voler smantellare). Altre priorità sono il controllo delle frontiere e la riforma delle tasse, mentre nulla è stato detto sul procuratore speciale annunciato contro Hillary Clinton: “Le priorità del Paese sono altre”.

Sul fronte della politica estera (oltre alle decine di lettere dai capi do governo dei vari paesi), la priorità è il conflitto in Siria, con un postulato relativamente semplice: “Difficile prendere iniziative. Se state combattendo contro la Siria, e la Siria sta combattendo contro l’Isis, dovete sbarazzarvi dell’Isis. Se attaccassimo Assad finiremmo col combattere contro la Russia e contro la Siria”.

Un’intervista questa di Trump che viene indirettamente attaccata dal New York Times, accusando il tycoon di incoerenza rispetto alla campagna elettorale e dello stampo che darà alla propria squadra di governo: “Sta riempiendo il suo team per la transizione con consulenti aziendali e lobbisti. Professionisti che arrivano dalle stesse industrie per le quali sono chiamati a definire le basi regolatorie”. Tra i nomi citati quelli di Jeffrey Eisenach, ex consulente per Verizon e altri clienti delle tlc, Michael Catanzaro, lobbista del settore energetico con clienti come Devon Energy ed Encana Oil and Gas, Michael Torrey, lobbista ed imprenditore nel settore alimentare.

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