La debacle definitiva del Pd

di Tignitè

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La debacle definitiva del Pd

| venerdì 27 Ottobre 2017 - 14:23

Grasso da tempo e più volte aveva cautamente espresso la sua non condivisione della linea politica del segretario: è accaduto per la campagna referendaria del dicembre scorso; per il numero eccessivo di leggi approvate a colpi di fiducia; per la maggioranza eterogenea ed estranea alla sinistra come Verdini ed Alfano. Un malessere profondo  che per Grasso , bersaniano e portato a quello scranno dai voti dei  bersaniani all’epoca nella maggioranza, presumibilmente nasce nel giorno stesso in cui segretario diventa Renzi, che instaura una linea politica e contenuti assolutamente difformi e nei quali fatica a riconoscersi. Un malessere antico e sedimentato, dunque, ma non più sostenibile  in occasione di questa legge elettorale, che più volte ha dichiarato di non condividere nella struttura e neppure nelle  modalità di approvazione avvenuta con ben otto voti di fiducia. Senza dibattito in aula per la formazione di quella che è la legge fondamentale per la democrazia di un paese; dunque, con la grave esclusione  alla partecipazione  delle opposizioni; procedura che ha suscitato anche il “rammarico” dello stesso Napolitano. Contemporaneamente, il segretario scatena il partito contro il governatore Visco, con modalità quantomeno  improprie se non addirittura di scorrettezza istituzionale: la sfiducia viene presentata in aula dal PD ma con un testo rivisitato rispetto a quello originario, che era stato  redatto da fedelissimi nel segreto di una stanza ed all’insaputa dello stesso  presidente del consiglio: perché  un  testo talmente duro da suscitare la reazione del senatrice  Finocchiaro che ne cura con Gentiloni una nuova redazione. Ma anche  in questo caso, si è in presenza di qualcosa di eccezionale perché la presentazione in aula di una sfiducia ad un Governatore della Banca d’italia è  fuori da ogni regola. Come ha detto Eugenio Scalfari, lucido  ultranovantenne  decano di antico giornalismo, Renzi si comporta da imperatore, e cieco per giunta : il suo problema è che non c’e l’impero.

Le dimissioni di Grasso dal partito democratico sono il colpo di grazia sul partito ormai agonizzante e segnano la debacle definitiva del partito e, ovviamente e finalmente, dello stesso segretario. Questo non solo perché sono le dimissioni di colui che rappresenta la seconda carica dello Stato dunque pesantissime. Ma anche e soprattutto perché in Grasso oggi  potrebbe individuarsi il nuovo leader  di una ricomposta sinistra: personaggio di indiscusso  prestigio politico e culturale, istituzionale per la sua formazione di magistrato, moderato  e moderatore; stimato dai bersaniani al cui ultimo appuntamento è stato accolto con una generale ovazione, e dai  dalemiani, è l’unico  in grado di concertare con Pisapia e con altre frange della sinistra. E’ facilmente prevedibile, quindi,  che alle prossime elezioni politiche lo scenario sia completamente cambiato  e per  molti aspetti : non è da escludersi, infatti, che alla nuova compagine possa aderire Franceschini  ( forse non del tutto estraneo al disegno) con il suo poderoso esercito , svuotando del tutto il partito. Con la conseguenza necessaria ed  immediata di un congresso che elegga un nuovo segretario  il quale transiti il ricostituito  partito alle elezioni.

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