Vent’anni fa moriva Padre Pino Puglisi. Il ricordo del Beato accende Palermo

di Redazione

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Vent’anni fa moriva Padre Pino Puglisi. Il ricordo del Beato accende Palermo

| sabato 14 Settembre 2013 - 18:01

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PALERMO, 15 SETTEMBRE 2013 – Sono passati vent’anni ma nel cuore e nella mente dei palermitani il ricordo e la presenza di padre Pino Puglisi è sempre vivido e presente. Oggi, domenica 15 settembre, ricorre il ventennale dalla morte del parroco che portò una ventata di legalità in un quartiere, Brancaccio, da troppo tempo vittima del giogo della mafia. Una zona difficile di Palermo, ad alta densità mafiosa, dove tanti ragazzini non avevano la possibilità di conoscere altro che violenza e sopraffazione. 

Padre Puglisi ha operato attivamente per le strade del quartiere, recuperando tantissimi giovani, facendo in modo che avessero delle strutture dove poter mettere a frutto le loro migliori qualità. Don Pino Puglisi venne ucciso nel quartiere di Brancaccio, a Palermo, il 15 settembre del 1993. Era il giorno del suo compleanno e compiva 56 anni. Ad attenderlo, un commando formato da Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone.

 

A fare fuoco fu Salvatore Grigoli, detto “u’ cacciaturi”, su ordine dei boss del quartiere, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. È stato proprio Grigoli, arrestato nel 1997 dopo una lunga latitanza e dopo essere sfuggito a una trappola mortale ordita da Cosa Nostra, a fare luce sull’omicidio. Il killer, dopo avere confessato e chiamato in causa i complici, ha iniziato un cammino di conversione.

Anche quest’anno la città di Palermo ha previsto una serie di ricorrenze per perpetuare il ricordo di padre “3P”, come lo chiamano affettuosamente tutti coloro che lo hanno conosciuto o che, non avendone avuto la possibilità, ne hanno preso a modello le scelte di vita. Già ieri la città ha avuto modo di ricordare la sua figura attraverso convegni e manifestazioni, culminate nell’annullo postale presentato al Centro di accoglienza di Brancaccio, e nella veglia di preghiera in piazza Anita Garibaldi.

 

Oggi, alle 16, gli abitanti del quartiere porteranno un fiore in Cattedrale, lì dove si trovano le spoglie del beato; lunedì, alle 9:30, in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, verranno consegnate alcune borse di studio proprio all’interno dell’istituto comprensivo che porta il nome del sacerdote. Presenzieranno l’assessore regionale alla Formazione, Nelli Scilabra, e l’assessore comunale alla Pubblica istruzione, Barbara Evola. Padre Puglisi verrà ricordato anche dal consiglio della II circoscrizione del Comune insieme alle associazioni del territorio.

Associazioni che portano avanti il suo messaggio e le sue attività. Perché non si può arretrare nemmeno di un millimetro in quartieri a rischio come Brancaccio. Lo ricorda la vice-presidente del Centro Padre Nostro, Maria Pia Avara: “Le cose da fare sono ancora molte perché questo è un territorio molto difficile. Certamente in tutti questi anni è cambiato molto. Oggi lavoriamo in sinergia con altre realtà come la scuola Puglisi, la chiesa e la circoscrizione per migliorare tanti aspetti del territorio”.

Ma certi comportamenti rimangono difficili da modificare in profondità. “Fino a poco tempo fa il luogo dell’uccisione di don Puglisi era un parcheggio per le auto. A nulla valevano le targhe e le commemorazioni – racconta il presidente del centro Maurizio Artale -. Ci sono voluti vent’anni per arrivare a un accordo con i cittadini di Brancaccio”. Uno sconsolato Artale arriva alla conclusione “che poco è cambiato. Anche in questi giorni è stata rubata una moto a un nostro volontario, proprio davanti al Centro dove si stava svolgendo un incontro per il ventennale della morte di padre Pino. La gente non cambia, soprattutto quella onesta che è rimasta apatica e indifferente alla morte e al sacrificio di un uomo speciale”.

Parole pesanti come macigni. Ma che vengono bilanciate dalle affermazioni di Pippo Sicari, uno degli uomini che lavorava a stretto contatto con padre Puglisi e che ha portato avanti la sua attività tramite l’associazione “La rosa gialla”, che prende il nome dal fiore preferito di padre Puglisi. “Negli anni ci sono state luci, ombre e false luci – spiega -. Inoltre, dopo il suo omicidio non eravamo ancora sicuri di rimanere a Brancaccio. Superato lo shock, la decisione di restare ha motivato le nostre scelte future. Come l’associazione, che da 15 anni insegna ai ragazzi musica, prosa, ballo”. E i risultati si sono visti: “‘Brancaccio è sempre stato un quartiere un po’ sordo, ma i ragazzi stanno cambiando: c’è chi si è innamorato della danza e viene da una famiglia di spacciatori, ma c’è anche tanta gente normale che ha scelto semplicemente di non girarsi dall’altra parte”.

Anche la Chiesa come istituzione ha deciso di farsi sentire in maniera ancora più veemente e lo ha fatto attraverso una decisione epocale, proprio durante l’esame degli atti per la beatificazione di padre Puglisi. Da allora l’affiliazione ad associazioni mafiose equivale a rinnegare il Cristianesimo e il battesimo. In pratica si rimane fuori dalla comunità cattolica.

 

La Chiesa ha quindi deciso di applicare il principio dell’incompatibilità tra Vangelo e mafia. Il prossimo passo sarà quello di giungere a un’incompatibilità tra società civile e mafia. E qui il lavoro da fare è ancora tantissimo. La criminalità organizzata ha una velocissima capacità di perpetuarsi e riprodursi, come le cellule di un tumore impazzito. Padre Puglisi ha cercato di estirparne una metastasi. Adesso è la società che deve trovare gli anticorpi necessari per fare in modo che venga sradicato definitivamente.

 

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha destinato una medaglia alla manifestazione per ricordare il 20esimo anniversario della barbara uccisione del Beato Giuseppe Puglisi quale suo premio di Rappresentanza. Lo ha reso noto Maurizio Artale, presidente del centro di accoglienza Padrenostro nel quartiere Brancaccio a Palermo.

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