Sciopero della fame per una leader delle Pussy Riot

di Redazione

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Sciopero della fame per una leader delle Pussy Riot

| martedì 24 Settembre 2013 - 17:01

tolokonnikova

PALERMO, 24 SETTEMBRE 2013 – Nadezhda Tolokonnikova, leader del gruppo punk russo Pussy Riot, ha deciso di intraprendere uno sciopero della fame. La protesta affonda le sue radici nelle dure condizioni di lavoro della fabbrica in cui molte detenute lavorano 17 ore per produrre uniformi della polizia. La leader delle Pussy Riot racconta anche di aver subito minacce dal vice direttore del penintenziario.

In una lettera aperta Nadezhda racconta le condizioni disumane nelle quali si trova a vivere la sua prigionia. Turni di lavoro da 16-17 ore ogni giorno, con sveglia alle prime luci del giorno. ”Nel migliore dei casi, dormiamo quattro ore a notte”, scrive. A coloro che lavorano in fabbrica spetta un giorno di pausa ogni sei settimane. I detenuti inoltre sono obbligati a chiedere per iscritto di poter lavorare durante il weekend spacciandola per una loro scelta.

”Lo sciopero della fame è un metodo estremo – afferma Tolokonnikova – ma sono certa che è l’unico per uscire da questa situazione perché la direzione del carcere si rifiuta di ascoltarmi”.

Di recente, il vice direttore del penitenziario le aveva detto che se voleva poteva lavorare otto ore al giorno, come lei stessa aveva chiesto a nome della sua brigata di lavoro, a condizione di mantenere la quota di produzione stabilita e a rischio di essere punita. ”E se le tue compagne di carcere scoprono che sono state punite a causa tua, smetterai di sentirti male, perché da morta non ti puoi sentire male”, le disse minacciandola.

La denuncia della leader delle Pussy Riot non si limita alle condizioni di vita e lavorative vissute in prima persona. Si allarga anche a quella che è la realtà di donne a lei molto vicine e che giorno dopo giorno documenta con i suoi stessi occhi. Racconta che le sue compagne di carcere subiscono regolarmente violenze sul viso o sui reni. In più esistono anche altre forme di punizione non ufficializzate in cui viene impedito a una detenuta di andare al bagno per un’intera giornata. Condizioni che ledono gli stessi diritti umani delle persone coinvolte. Per questo il grido d’appello della donna cercherà di farsi largo con l’aiuto di uno dei gesti più estremi.

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