Lampedusa, il lunedì dell’isola | E intanto i riflettori si spengono sul naufragio

di Maria Teresa Camarda

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Lampedusa, il lunedì dell’isola | E intanto i riflettori si spengono sul naufragio

| lunedì 07 Ottobre 2013 - 12:16

LAMPEDUSA (AG), 7 OTTOBRE 2013 – Oggi è lunedì a Lampedusa. Il tempo negli ultimi giorni è stato come sospeso, fermi tutti con gli occhi puntati al mare, a quel mare che ha inghiottito un barcone proveniente dalla Libia con il suo carico di disperazione. Giovedì all’alba il naufragio, che ha impegnato tutti – nessuno escluso – nelle operazioni di salvataggio e assistenza. Venerdì il lutto nazionale che ha abbassato le saracinesche di tutta l’isola. Sabato la visita del presidente della Camera Laura Boldrini, domenica il ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge. Finito il tour di rappresentanti delle Istituzioni, per Lampedusa questa mattina inizia un normale lunedì, un lunedì di vita quotidiana. Solo sullo sfondo il molo Favaloro, che domina il porto, e che continuerà ad accogliere i corpi dei migranti annegati e recuperati dal fondo del mare.

Turisti partiti, lampedusani al lavoro, restano soltanto alcuni giornalisti a contare i morti, a chiedere cosa succede al centro di prima accoglienza e ad aspettare il presidente della Commissione europea, Josè Barroso, che arriverà mercoledì accogliendo l’invito del ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Il vicepremier aveva invitato il presidente Barroso a visitare Lampedusa nel corso di un accorato appello all’Europa dal molo Favaloro. “L’Europa non può disinteressarsi dei problemi delle nostre frontiere”, aveva detto, invitando poi tutti i paesi europei a mettersi d’accordo e premere affinchè il premio Nobel per la Pace quest’anno venga assegnato a quest’isola coraggiosa. Sarebbe certamente un onore – e una grossa mano d’aiuto – ma il sindaco Giusi Nicolini, donna che ha saputo coniugare la propria commozione con il proprio ruolo nel migliore dei modi, ringrazia e chiede diritti più semplici, basilari, come una buona distribuzione dell’acqua potabile e trasferimenti con la terraferma più sicuri.

Mentre i lampedusani tornano alla vita normale e la notizia del naufragio scende nelle scalette dei telegiornali di ora in ora – sorpassato dalle beghe politiche italiane e dalle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi – ieri sono riprese le attività di recupero dei cadaveri. Il vento è calato e il mare ha permesso di scendere fino al barcone, affondato a 47 metri di profondità, in condizioni di sicurezza. Uno spettacolo infernale per i sommozzatori. Nelle sole ore di luce sono riusciti a portare a galla ben 83 corpi, portando il bilancio dei morti a 194 persone. Ma secondo le testimonianze dei sopravvissuti i migranti a bordo erano circa 518, quindi, i morti ancora da recuperare sarebbero quasi 200. Nella stiva ce n’è ancora molti – in troppi hanno cercato riparo in una botola che si è rivelata la porta per l’inferno – altri invece rimarranno dispersi, trascinati via dalla corrente, inghiottiti dal mare.

Si è fermato a 155 il numero dei sopravvissuti. Non ci sono più speranze di ritrovare qualcuno ancora vivo, anche se nei miracoli in fondo non si smette mai di credere. 155 persone che sono state iscritte nel registri degli indagati con l’accusa di immigrazione clandestina. “Un’operazione automatica”, fanno sapere dalla Procura. La legge lo prevede, la stessa legge – la Bossi-Fini – che avrebbe processato anche chi si fosse fermato a soccorrere i migranti in mare. Una polemica aspra, quella sui soccorso, che si è accesa poche ore dopo il naufragio. Una polemica che deve essere risolta a monte con un intervento legislativo che corregga “il metodo dell’immigrazione zero che – come ha accusato il presidente della Regione Rosario Crocetta – ha trasformato il Mediterraneo in un’enorme tomba a cielo aperto”.

Bisognerebbe tenere alti i riflettori su questa tragedia, bisognerebbe mettere mano immediatamente a una nuova legge, calendarizzarla, discuterla e approvarla sull’onda dell’emozione. Perchè nonostante tutti stigmatizzino “la scia delle emozioni” forse stavolta serve proprio il cuore – oltre che la testa – nella definizione di una nuova normativa sull’immigrazione.

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