Università, Palermo avrà 10 milioni in meno per la ricerca | I ricercatori: “Così aumenta il divario tra Nord e Sud”

di Alessia Rotolo

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Università, Palermo avrà 10 milioni in meno per la ricerca | I ricercatori: “Così aumenta il divario tra Nord e Sud”

| giovedì 06 Febbraio 2014 - 15:21
Gli atenei italiani ricchi e floridi lo saranno sempre di più, mentre quelli con minori possibilità rimarranno sempre più indietro. È questa la critica che muovono i ricercatori dell’Ateneo di Palermo a seguito dei risultati della Valutazione qualità ricerca (Vqr) fatta dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) negli anni che vanno dal 2004 al 2010.
I risultati sono arrivati a dicembre e, in base a questi dati, all’ateneo di Palermo, per i risultati ottenuti, toccherà una quota di finanziamenti di circa 10 milioni di euro in meno rispetto ai precedenti anni. “Sono i criteri di valutazione che ci hanno penalizzato. Nella Vqr siamo stati confrontati con atenei del Nord che hanno altri mezzi economici rispetto a noi – spiega Francesco Pace, ricercatore a Palermo. – Ci sono le aziende lì che finanziano la ricerca, e, inoltre, le tasse universitarie da noi sono più basse, sugli 800 euro circa, invece al Nord in media sono sui 2.500 euro”.
Un sistema che produce un graduale impoverimento degli Atenei del Meridione aumentando il divario con quelli del Nord, che verranno premiati con un finanziamento maggiore, mentre quelli che di fondi non ne hanno o ne hanno avuto meno verranno ulteriormente penalizzati con un ulteriore impoverimento delle risorse.
“I criteri di valutazione della ricerca  – continua Pace – si basano sulle pubblicazioni fatte dai ricercatori: più sono, più sono bravi. In realtà non è così, perchè un ricercatore considerato ‘inattivo’ è anche quello che fa didattica. La didattica è importante, invece così passa il messaggio che non è rilevante”.
I ricercatori dell’Università degli studi di Palermo si sono riuniti in un coordinamento e hanno organizzato un incontro per capire come affrontare i vari disagi che sono costretti a vivere ogni giorno e per cercare soluzioni. La sala, all’ex facoltà di Ingegneria, era stracolma e il dibattito acceso. Si è parlato anche della possibilità di una mobilitazione a carattere nazionale che coinvolga gli altri atenei, come quando si è protestato contro la riforma Gelmini.
“La diagnosi è che dobbiamo migliorare, ma la cura non va bene – conclude Francesco Pace. – Bisogna mettere nelle condizioni tutti di fare ricerca. Non si deve arrivare con la mannaia ma valutare se un ricercatore ha dato all’Ateneo oppure no. Altrimenti passa il messaggio che la ricerca attiva è importante mentre una didattica attiva no. Non si può accettare che gli Atenei che vanno bene migliorino sempre di più e quelli che sono indietro rimarranno sempre più indietro”.
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