Riforme, le opposizioni non partecipano al voto | La maggioranza ora teme i dissidenti di Pd e Fi

di Maria Teresa Camarda

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Riforme, le opposizioni non partecipano al voto | La maggioranza ora teme i dissidenti di Pd e Fi

| venerdì 08 Agosto 2014 - 09:38

La montagna degli ottomila emendamenti è stata scalata. Il ddl Boschi di riforme costituzionali è pronto per il primo voto dei quattro previsti, due di Palazzo Madama e due di Montecitorio. Il testo delinea quello che sarà il nuovo Senato e il nuovo Titolo V della Costituzione, con nuovi e differenti rapporti tra Stato centrale e Regioni. “È la prima volta, nella storia costituzionale mondiale, che una Camera abolisce se stessa”, ha dichiarato Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari costituzionali e relatrice di maggioranza.

Il problema è che il Senato non viene affatto abolito, ma assume una forma inedita che, basata sull’elezione indiretta dei suoi membri, la fa sembrare un replicante dei consigli regionali e affida proprio ai consiglieri regionali alcuni poteri in campo legislativo nazionale. Il tempo per discutere dell’opportunità di una tale impostazione non c’è stato, tutti spinti in avanti con forza dal premier Matteo Renzi, dalla sua “fida scudiera”, il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, e dal “generale”, il presidente Pietro Grasso, tutti intenzionati ad annoverare questa riforma epocale nel proprio curriculum di governanti, anche a scapito del diritto delle opposizioni di fare il loro lavoro: ovvero, esprimere l’opinione di chi la pensa diversamente.

In Aula oggi le dichiarazioni di voto. Al via libera si dovrebbe giungere con una votazione palese. Sono previste le dichiarazioni di voto dei capigruppo, ciascuna per 10 minuti, concluse dai presidenti dei senatori Fi e Pd, Paolo Romani e Luigi Zanda. Seguiranno le dichiarazioni di voto in dissenso dai gruppi: per tre minuti a testa sono già iscritti a parlare Vannino Chiti e la senatrice a vita Elena Cattaneo.

A far tremare le gambe alla maggioranza, non soltanto le opposizioni (Lega, Sel e Movimento 5 Stelle), che in parte hanno deciso di non partecipare nemmeno al voto finale, ma anche le fila dei dissidenti, del Partito democratico e di Forza Italia. “Io e alcuni colleghi del Pd che ci siamo ritrovati in questi mesi in una proposta alternativa di riforma, restando in Aula come nostro dovere, non parteciperemo al voto, ha annunciato il leader del senatore leader dei dissidenti del Pd, Vannino Chiti, che però non ha precisato il numero dei senatori che sostengono questa scelta.

“Ce l’abbiamo messa tutta – ha detto in Aula il senatore leghista Gian Marco Centinaio – ma la pochezza dei risultati ottenuti ci hanno convinto del fatto che non meritiate nemmeno il nostro voto contrario; non saremo complici dell’affossamento del Paese”. Stessa posizione per Sinistra ecologia e libertà: “Questa non è una riforma decisa dal Parlamento, ma imposta dalla maggioranza alla minoranza e dal Governo alla maggioranza stessa”.

Ancora polemiche del Movimento 5 Stelle, con il senatore Vito Petroccelli, che sottolinea l’assenza del premier Renzi in Aula, “non fosse altro che per appuntarsi al petto la medaglietta di una riforma imposta al Paese”. “Una riforma di cui l’Italia non sentiva il bisogno. Abbiamo chiesto di tagliare tutti i parlamentari e tutti gli stipendi, di togliere i vitalizi ai parlamentari condannati: ma Renzi ha detto no!”. Infine, il capogruppo pentastellato ha annunciato la volontà di consegnare alla Presidenza tutte le email arrivate dai cittadini sul tema, prima di uscire dall’Aula: “La sovranità appartiene al popolo e non al Presidente del Consiglio”. Tutte le opposizioni hanno deciso quindi di non prendere parte alla votazione.

 

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