Italicum, Renzi: “Se non passa, tutti a casa” | I “dissidenti” del Pd: “Non voteremo”

di Redazione

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Italicum, Renzi: “Se non passa, tutti a casa” | I “dissidenti” del Pd: “Non voteremo”

| mercoledì 29 Aprile 2015 - 08:03

Renzi lo ha ribadito, se la riforma elettorale non passa, si dimetterà e il Governo va a casa. Il premier lo mette nero su bianco in una lettera inviata a “La Stampa”. “Mettere la fiducia è un gesto di serietà verso i cittadini. Se non passa il governo va a casa. Se c’è bisogno di un premier che faccia melina, non sono la persona adatta. Se vogliono temporeggiatore ne scelgano un altro, io non sono della partita”, dice Renzi sull’Italicum dicendosi pronto a discutere sul Senato ma invitando a smettere di fare “melina”. “Se passa – dice – significa che il Parlamento vuole continuare sulla strada delle riforme”.

Il presidente del Consiglio ritorna su concetti, peraltro già espressi nei giorni scorsi: “Dopo aver fatto modifiche, mediato, discusso, concertato, o si decide o si torna al punto di partenza. Se un Parlamento decide, se un governo decide, questa è democrazia, non dittatura”, ha aggiunto Renzi. “Con lo scrutinio palese – spiega – imposto dal voto di fiducia, i cittadini sapranno. Sapranno chi era a favore, chi era contro. Tutti si assumeranno le proprie responsabilità. Il tempo della melina e del rinvio è finito. C’è un Paese che chiede di essere accompagnato nel futuro, sui tempi più importanti della vita delle famiglie. Se non riusciamo a cambiare la legge elettorale dopo averlo promesso ovunque, come potremo cambiare il Paese?”.

Renzi, ha aggiunto che “la politica ha il compito di dimostrare che può farcela senza farsi sostituire da governi tecnici e dalle sentenze della Corte. Occorre coraggio però. Il tempo del coraggio è questo. Alla Camera, il compito di decidere se è il nostro tempo. Ma a scrutinio palese, senza voti segreti, assumendosi la propria responsabilità”.

Intanto il Pd si spacca. I “dissidenti” si schierano contro la decisione di Renzi di porre la fiducia sull’Italicum. Il più duro di tutti è l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che su Facebook tuona: “Ho votato 17 volte la fiducia al governo, più di una al mese. Sono pronto a votare per altre 17 volte su atti di governo che riguardino il governo. Sulla democrazia un governo non mette la fiducia. Questa fiducia io non la voterò. Qui c’è in gioco una cosuccia che si chiama democrazia”. E Barbara Pollastrini, esponente dell’area di Sinistra Dem che fa capo a Gianni Cuperlo sottolinea che quello di Renzi “è uno strappo incomprensibile. Alla mano tesa si è preferito rispondere erigendo muri. Sono tanto rammaricata. Ho sperato fino all’ultimo un altro tipo di fiducia: quella nel Parlamento e nel Pd”.

Pippo Civati ha annunciato via Twitter che la fiducia lui non la voterà e sulla stessa linea è Stefano Fassina. Anche il capogruppo uscente, Roberto Speranza, dimessosi nei giorni scorsi proprio per non dover guidare i deputati su un testo da lui condiviso, prenderà le distanze dal governo: “Non voto la fiducia. Non metto la mia firma su questa violenza al Parlamento” ed anche Guglielmo Epifani, ex segretario del Pd, e l’ex premier Enrico Letta hanno deciso di non votare.

A Bersani e agli risponde il presidente del Pd, Matteo Orfini: “Una critica eccessiva, non è in gioco la democrazia perché c’è il premio di lista e non di coalizione. La legge elettorale è stata riscritta dal testo iniziale, accogliendo sollecitazioni di persone come e me e come Bersani. Nel Pd è stato raggiunto un compromesso accettabile, i rischi c’erano prima con il Porcellum. Fermare tutto all’ultimo passaggio è un errore gravissimo”.

 

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