Lettera su una violenza che non si può cancellare

di Redazione

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Lettera su una violenza che non si può cancellare

| mercoledì 12 Dicembre 2012 - 12:20

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PALERMO, 13 DICEMBRE – “Ho letto con attenzione gli articoli che avete dedicato ieri al codice anti molestia che la Regione vuole attuare nei suoi uffici. E comprendo le perplessità dal punto di vista giuridico evidenziate dall’avvocato che avete interpellato.

Ma vi assicuro che qualsiasi cosa è meglio di niente, qualsiasi deterrente è utile per arginare un problema che è molto più presente di quanto non si possa immaginare. E lo dico per esperienza personale”.

Questo è il testo di un commento arrivato in redazione, un post con firma ma con richiesta di anonimato. Comprendendo le ragioni della richiesta, abbiamo contattato la signora – che chiameremo Maria – per chiederle di raccontare la sua storia. Un racconto sfumato in alcuni particolari su richiesta dell’avvocato di Maria a causa di una clausola del patto transattivo tra le parti che mise fine alla contesa. Un fatto di pochi anni prima del 2000 avvenuto in un ufficio assimilabile alla Regione.

“Avevo 36 anni, una laurea non appieno utilizzata per il mio lavoro, un matrimonio in crisi con separazione in corso vissuta con profonda tristezza. Sottolineo questo fatto perché in fase pre giudiziaria mi è stato chiesto se per caso non avessi avuto un atteggiamento equivoco o provocatorio. Non ho pianto solo per non dare soddisfazione al mio interlocutore ma non ho dormito per diverse notti e mi chiedevo se per caso non fossi veramente stata io a provocare”.

“Mi hanno spiegato che è un tentativo cinico di sollecitare il senso di colpa. Ci stavano riuscendo. Ho avuto buoni consigli, ho reagito, ho cominciato a parlare della mia vicenda raccontando anche i particolari di quel giorno. Le poche frasi di circostanza, come ogni giorno, davanti all’ascensore, le porte che si chiudono, il primo contatto fisico che mi sembrava casuale, la sua mano sul mio seno, le mie urla, la fuga al quinto piano e il suo “ma che ha questa isterica” frase giustificante per i pochi che mi vedevano scappare”.

“Non era il mio capo ma un mio pari grado sia pure con mansioni superiori. Non poteva vessarmi ma di certo ha fatto pesare la sua maggiore vicinanza al dirigente per chiedere il mio allontanamento. Per mia fortuna avevo già provveduto a fare la stessa mossa con la motivazione di incompatibilità ambientale. Ho dovuto spiegare al mio superiore cosa era accaduto. Non posso dire se mi abbia creduto o meno, so solo che i rapporti sono divenuti più formali. Se un pettegolezzo fa presto a fare il giro del mondo, figurarsi quanto ci ha impiegato questa storia a invadere sei stanze per sei piani avendo, fra l’altro, i protagonisti a portata di mano. Ho chiesto il trasferimento, in un ufficio nei pressi di viale Strasburgo, casualmente vicino alla residenza coniugale che, causa separazione, avevo già lasciato. Inutile dire che il soggetto in questione non perdeva occasione per dire che avevo fatto tutto questo casino per lasciare l’ufficio in centro e avvicinarmi a casa”.

 

“Da allora sono passati diversi anni ma ogni santo giorno quando arrivo in ufficio penso a questa storia. E credetemi, non so ancora oggi se è più doloroso il ricordo di una molestia sessuale o quello dell’atteggiamento di chi sapeva e ha finto di non sapere e di chi ha giudicato senza sapere”.

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