Delio Rossi, una lacrima sul viso. Quanti rimpianti per il suo addio

di Redazione

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Delio Rossi, una lacrima sul viso. Quanti rimpianti per il suo addio

| sabato 06 Aprile 2013 - 17:58

Delio-Rossi

PALERMO, 7 APRILE 2013 – Se Pastore avesse segnato quel gol forse saremmo ancora appesi a qualche monumento di Roma a festeggiare la conquista della Coppa Italia. Di sicuro Delio Rossi sarebbe ancora qui, a Palermo, e il Palermo non sarebbe qui, in piena zona retrocessione.

 

Il Palermo ritrova oggi l’unico allenatore italiano dopo Nereo Rocco conosciuto più per il nome che per il cognome (al limite deliorrossi, tutto attaccato). Lo ritrova però da avversario e per di più in una partita calda per la salvezza. Oggi non gli chiede più l’Europa o la coppa Italia, semmai gli chiede qualche punto per continuare a sperare.

 

In realtà non può chiedergli niente, perché Rossi è un vero uomo di sport e un professionista serio, giocherà per vincere e al diavolo i sentimenti.

 

Già, i sentimenti. Angelo Scuderi, nel pezzo qui sotto, parla di partita che dà poco spazio ai sentimenti. Magari ha ragione lui, perché poi il calcio è terreno fertile per il business e poco propenso al lato umano. In campo, per 90 minuti, sarà certamente così.

 

Ma nessuno impedirà ai tifosi e allo stesso Delio, in queste ultime ore di vigilia, di pensare a quello che è stato e che avrebbe potuto e dovuto essere.

 

Deliorrossi, antidivo per eccellenza, con il suo carattere schivo, con poche parole, nessuna promessa e molti fatti, masticando chewing gum a più non posso, è riuscito a fare breccia nel cuore dei tifosi che gli hanno riservato un posto speciale, perfino più grande di quello che avevano conservato a Francesco Guidolin, altro santone del calcio rosanero del terzo millennio.

 

Rossi ha conquistato un record dopo l’altro: punti, vittorie, capitalizzazione di giocatori, bel gioco e perfino la sconfitta più pesante, quello 0 a 7 casalingo contro l’Udinese che il 28 febbraio 2011 gli costò l‘assurdo esonero da parte di Zamparini che – sacrilegio – chiamò al suo posto Serse Cosmi. Salvo poi pentirsene poco più di un mese dopo.

 

Il ritorno in rosanero di Rossi è coinciso con la cavalcata in coppa Italia e con la grande illusione di portare a casa un trofeo che nel ’74 (Bologna) e nel ’79 (Juventus) era sfuggito al Palermo in un modo così beffardo che se lo ricordano ancora tutti quelli che hanno più di 45 anni, come un marchio a fuoco sulla carne viva.

 

Oggi, quasi due anni dopo, in pochi ricordano il risultato della finale di coppa Italia con l’Inter (3 a 1): nel cuore e nella mente di tutti è rimasta invece l’immagine del grande esodo di 40.000 palermitani verso Roma, l’amarezza per una partita giocata bene e persa male, le lacrime di Rossi per l’addio e le lacrime di tutti per l’addio di Rossi.

 

Chiunque segue da vicino le vicende del Palermo sa che la notte del 29 maggio del 2011 sono cominciati tutti i guai del Palermo, con lo smantellamento della squadra che poi lo scorso anno ha conquistato una faticosa salvezza e quest’anno probabilmente andrà in B.

 

Rossi, dal canto suo, ha aspettato qualche mese per subentrare a Mihajlovic alla Fiorentina e per scrivere la pagina più buia della sua carriera: la rissa con Ljajic e la conseguente squalifica di tre mesi. Quest’anno una buona esperienza, da subentrato, con la Sampdoria ma nulla di esaltante.

 

Logico che anche lui rimpianga ancora i colori rosanero e l’affetto di un’intera città, magari con il malcelato orgoglio di chi sa che Zamparini si è pentito di quell’addio e con la signorilità di chi nelle dichiarazioni prepartita non ha voluto affondare il coltello.

 

In fondo più che di Zamparini la colpa è … di Pastore

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