Da Capaci all’Olimpico, la verità dei pm sulle stragi: “Rimane da capire perché tutto finisce nel ’94”

di Redazione

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Da Capaci all’Olimpico, la verità dei pm sulle stragi: “Rimane da capire perché tutto finisce nel ’94”

| martedì 16 Aprile 2013 - 14:26

strage-capaci

CALTANISSETTA, 16 APRILE 2013 – Nessun mandante esterno accertato ma il dato ormai consolidato di una strategia stragista della mafia, pianificata a tavolino dai boss per trattare con lo Stato ed inaugurata con la strage di Capaci.

 

Lo spiega il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari a proposito dell’operazione della Dia che ha portato all’arresto di otto persone ed ha fatto “piena luce sulla fase esecutiva della strage di Capaci – ha detto il pm – accertando il ruolo del mandamento mafioso di Brancaccio in tutta la strategia stragista di Cosa nostra”.

 

Lari ha voluto ricordare gli otto anni di indagini “avviate su input della Dna”, la Direzione Nazionale Antimafia diretta da Piero Grasso, che per primo ascoltò il pentito Gaspare Spatuzza. Per Lari non esiste alcun dubbio sul fatto che la decisione di uccidere Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, presa dalla “cupola” della provincia di Palermo con il boss Salvo Madonia, rappresentò un cambiamento nella strategia della mafia.

 

Non solo eliminare chi era considerato un nemico dell’organizzazione ma anche utilizzare gli omicidi come veri e propri “atti terroristici” per costringere le istituzioni a dialogare con i boss. “Un’ ottica diversa di attacco alle istituzioni – spiega Lari – con il fine di creare le condizioni per potersi poi sedere al tavolo di una trattativa”.

 

Lari aggiunge che da questa indagine non risultano “soggetti esterni a Cosa nostra. La mafia non prende ordini e dall’inchiesta non vengono fuori mandanti esterni” anche se “possono esserci soggetti che hanno stretto alleanze con la mafia e alcune presenze inquietanti sono emerse nella strage di Via D’ Amelio”.

Il procuratore fornisce molti particolari sulla realizzazione della strage in autostrada, ad iniziare dal tritolo utilizzato per minare il tracciato. Lo stesso delle stragi del ’93 e del fallito attentato all’Olimpico di Roma dove nel mirino c’erano decine di Carabinieri impegnati nel servizio d’ordine. Esplosivo recuperato in mare da quattro bombe della seconda mondiale. Una quantità enorme “da fare guerra allo Stato”, come disse Totò Riina.

 

L’ aggiunto Domenico Gozzo conferma che “sulla strage di Capaci e in parte su quella di via D’Amelio sappiamo quasi tutto, ora possiamo concentrarci sul resto” soprattutto sui motivi che portarono il boss Totò Riina a scegliere la strada del terrorismo e su perché nel ’94 “in effetti – ricorda Gozzo – le bombe non scoppiano più”.

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