Palermo, sequestrate tre società di cantieristica navale: sei arrestati. Colpito il clan dell’Acquasanta

di Redazione

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Palermo, sequestrate tre società di cantieristica navale: sei arrestati. Colpito il clan dell’Acquasanta

| mercoledì 17 Aprile 2013 - 06:02

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PALERMO, 17 APRILE 2013 – Maxi-operazione della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) di Palermo. Sequestrate tre società che lavorano nell’ambito della cantieristica navale. Sei arrestati tra Palermo e La Spezia.

Sono scattate le manette per Vito Galatolo, figlio dello storico capomafia della cosca dell’Acquasanta, Giuseppe Corradengo, Domenico Passarello, Vincenzo Procida, Rosario e Rosalia Viola. Alla moglie di Galatolo, Maria Concetta Matassa, sono stati concessi i domiciliari perché incinta.

Le società sequestrate sono la “Nuova Navalcoibent srl“, che ha sede a La Spezia, la “Eurocoibenti srl” e la “Savemar srl“, con sede a Palermo. Le tre aziende, secondo gli inquirenti, si sarebbero aggiudicate importanti commesse nei principali porti italiani grazie all’aiuto della famiglia Fontana-Galatolo, che agiva attraverso alcuni prestanome. Un’importante fonte di guadagno per il clan ma anche un modo per ripulire il denaro sporco.

Sarebbe stato il porto di La Spezia il centro degli affari, con la compiacenza di alcuni imprenditori locali. Gli investigatori hanno ricostruito i flussi di denaro, scoprendo che le imprese si erano conquistate interi settori delle lavorazioni navali nei principali porti liguri e veneti.

L’indagine ruota attorno alla figura di Giuseppe Corradengo che con una carriera fulminante in pochi anni era passato da semplice impiegato dei Cantieri Navali a titolare di un’azienda con circa cento dipendenti e con appalti a La Spezia, Marghera, Monfalcone e Ancona. Gli inquirenti hanno accusato Corradengo di associazione mafiosa. In manette anche la moglie, Rosalia Viola. Sono presunti prestanome della cosca anche Domenico Passarello, Vincenzo Procida e Rosario Viola.

 

Le indagini della Dia sarebbero scaturite dalle dichiarazioni del pentito Angelo Fontana, che è stato un esponente del clan dell’Acquasanta e che avrebbe indicato Corradengo come un prestanome dei Galatolo.

 

Secondo la ricostruzione degli investigatori, negli anni Novanta i Cantieri navali di Palermo entrano in crisi, così le due famiglie mafiose Galatolo e Fontana, che gestivano alcune società che operavano in regime di monopolio all’interno dei cantieri, avrebbero deciso di delocalizzare le loro società nelle zona adriatica e tirrenica. In questo modo si sarebbero spartite le zone in modo pacifico, ed infatti Monfalcone e la zona adriatica sarebbero state controllate dai Galatolo e la zona tirrenica con La Spezia dai Fontana. A questo punto occorreva fare anche un restyling delle società: così la Navalcoibent è diventata Nuova Navalcoibent srl e sarebbero entrati in gioco ii prestanome, i Viola e i Corradengo.

 

“In questa operazione – sottolinea il procuratore aggiunto, Vittorio Teresi – le ordinanze di custodia cautelare si fondano su tre tipi di prove. La prima sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, poi le prove tecniche e cioè le intercettazioni telefoniche ambientali che si dimostrano fondamentali, tanto da poter bastare da sole a far scattare gli ordini di custodia. E, in ultima, le attività investigative societarie e finanziarie. Nessuno degli arrestati risulta essere un nome nuovo per noi. L’indagine conferma che la mafia è unica e non settorializzata, nel senso che gli stessi personaggi che mettono il tritolo per far esplodere una macchina sono gli stessi che operano a livello finanziario e politico, e questo la rende una delle più pericolose organizzazioni criminali a livello mondiale”.

 

“È tradizionale l’interesse della famiglia mafiosa Galatolo per i cantieri navali – ha aggiunto il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, che ha anche dimostrato il proprio apprezzamento agli agenti e agli investigatori che hanno condotto l’operazione – e i Galatolo rappresentano pienamente la figura del mafioso imprenditore. Da questa indagine abbiamo conferma di fatti già noti e soprattutto conferma dell’interesse spiccato per la cantieristica di certe frange della mafia. Le indagini – ha aggiunto – sono ancora in corso e non possiamo sapere quali saranno i futuri sviluppi perché lo stesso meccanismo si potrebbe essere riprodotto in altri posti e in altre circostanze”.

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