Memoria corta e memoria storica: quanti interrogativi legati a Ingroia…

di Redazione

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Memoria corta e memoria storica: quanti interrogativi legati a Ingroia…

| venerdì 19 Aprile 2013 - 08:37

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PALERMO, 19 APRILE 2013 – La cronaca brucia dichiarazioni ed emozioni a una velocità sempre maggiore. La storia si occupa di mettere insieme i singoli episodi di un passato più o meno recente e di rileggerli e rielaborarli in chiave critica. La recente storia del magistrato Antonio Ingroia si presta a una rilettura critica non priva di interrogativi. Leggete con attenzione queste dichiarazioni.

 

È inopportuno candidarsi nel medesimo territorio dove si è esercitata fino a quel momento una funzione giudiziaria. È molto delicata inoltre la questione di incarichi politici, assunti non sulla base di una investitura da parte di cittadini – elettori ma in virtù di una designazione fiduciaria: un caso in cui i profili di inopportunità crescono” (19 giugno 2008).

 

Io candidato? Non mi pare ci siano elezioni in vista. Rivendico, tuttavia, il diritto all’elettorato attivo e passivo dei magistrati. Trovo invece inopportuno che magistrati si candidino a cariche amministrative nel Comune in cui operano, infatti ho seccamente smentito la mia candidatura a sindaco di Palermo. Inoltre ho contestato la scelta di Massimo Russo, pm di Palermo, di accettare la nomina ad assessore regionale perché si trattava di una cooptazione del potere politico, che rischia di mutare il rapporto controllore – controllato” (26 novembre 2011).

 

Sono dichiarazioni, alcune tra tante, rilasciate da Antonio Ingroia in momenti differenti. I suoi detrattori potrebbero parlare di “memoria corta”, alla luce dei fatti più recenti.

Negli ultimi anni, infatti, Ingroia è stato tanto tempo sotto i riflettori: come magistrato, come scrittore e come politico. Rileggere adesso certe frasi può sembrare incredibile, considerato un presente occupato quasi esclusivamente da fatti, veri e presunti, che hanno a che fare con la politica. Avrà cambiato idea, il pm antimafia.

 

Ma non è questo il punto. Cambiare idea sulle cose non è certo un reato e non è la prima volta che accade. La domanda è un’altra: perché? Perché Ingroia ha deciso di cambiare idea, di tuffarsi nell’agone politico, prima come leader del movimento “Rivoluzione civile” (non sufficientemente supportato dal voto degli elettori) e poi come potenziale presidente di “Riscossione Sicilia”, nomina voluta dal presidente della Regione Crocetta e non autorizzata dal Csm?

 

Negli ultimi giorni si sono perfino rincorse le voci (smentite seccamente da Crocetta) di un possibile incarico di assessore regionale e per di più alla Sanità, voci magari senza controllo ma che sono circolate con insistenza nei palazzi della Regione: cioè, lui allievo e seguace di Paolo Borsellino avrebbe dovuto togliere il posto alla figlia di Paolo, Lucia, che peraltro si è sempre dimostrata competente e rigorosa. Sarebbe stato difficile capire e registriamo con soddisfazione che l’ipotesi era campata in aria.

 

Ingroia, però, dopo vent’anni di onorata carriera antimafia grazie alla quale si era guadagnato l’etichetta popolare di magistrato duro e puro, ha dato e continua a dare l’impressione di voler abbandonare comunque la toga. Ed è questo che appare incomprensibile. Perché non più magistrato? Perché non tornare a svolgere il proprio lavoro?

 

Certo, cinque anni ad Aosta non sono il massimo – sarebbe come chiedere a Totti di giocare nel Frosinone, con tutto il rispetto per i valdostani – ma con tanti anni di carriera davanti Ingroia, bocciato come leader politico dagli elettori dopo il legittimo tentativo di entrare in Parlamento, avrebbe certamente tanto da dare nel contrasto alla criminalità organizzata.

 

Fra “memoria storica” dell’antimafia e “memoria corta” preferiamo nettamente la prima.

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