Elezioni, per i partiti in Sicilia suonano i primi campanelli d’allarme

di Redazione

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Elezioni, per i partiti in Sicilia suonano i primi campanelli d’allarme

| martedì 28 Maggio 2013 - 09:10

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PALERMO, 28 MAGGIO 2013 – Suonano i primi campanelli d’allarme per la politica siciliana: dopo le amministrative di domenica e lunedì qualcuno tira un sospiro di sollievo, altri vedono aumentare le proprie preoccupazioni.

 

Le segreterie di partiti e movimenti sono chiamate ad analizzare velocemente i risultati delle elezioni perchè tra due settimane si vota anche in Sicilia (Catania, Messina, Ragusa e Siracusa i capoluoghi) e non c’è dubbio che dallo spoglio di ieri sono arrivate indicazioni importanti.

 

I verdetti certi sono due: l’astensionismo è sempre più un fenomeno consolidato e i grillini hanno avuto la sconfitta più netta e per certi versi più sorprendente. Poi si potrebbe aggiungere che il Pdl non ha visto confermata la potenziale crescita che veniva ipotizzata dai più recenti sondaggi e che il Pd ha tenuto bene quasi dovunque anche perchè non c’erano calci di rigore a porta vuota da calciare fuori come è avvenuto per le recenti elezioni politiche. Ma solo dopo i ballottaggi si potrà effettivamente valutare il risultato elettorale di centrosinistra e centrodestra.

 

Chiariamo subito: le elezioni nei comuni, soprattutto nei tanti comuni con poche migliaia di abitanti, sono condizionate da fenomeni locali, dalla presenza di personaggi più o meno di spicco e non sempre le alleanze seguono le logiche delle segreterie di partito. E dunque non ci si può aspettare nessuna ripercussione sul governo nazionale né – fra quindici giorni – su quello regionale della Sicilia.

 

Non valgono più di tanto nemmeno i confronti tra i dati di precedenti elezioni.

Prima delle valutazioni delle singole rappresentanze i partiti dovranno però prendere atto della stanchezza degli italiani. L’astensionismo, di cui la Sicilia alle regionali e prima ancora alle amministrative di Palermo è stata l’antesignana, è un fenomeno sempre più radicato.

 

E’ una crisi di sfiducia – più che giustificata – verso una classe politica che non ha dato garanzie, che non ha saputo creare le premesse per una crescita dello sviluppo e che sembra sempre più incartata su stessa. Con le dovute eccezioni.

 

I segnali di instabilità vengono anche dai continui cambiamenti di rotta. Berlusconi, morto e sepolto appena sei mesi fa, è tornato protagonista alle politiche; il Pd “sicuro vincitore” si è fatto male da solo ma adesso respira: però in Sicilia le lotte intestine (pardòn, il dibattito interno) continuano e continueranno. Chi vince oggi fa fatica a confermarsi domani, nemmeno gli elettori – come i loro rappresentanti politici – hanno pazienza e idee chiare.

 

Semmai una considerazione: nelle elezioni amministrative il Pd ha più solidità perchè è un partito che ha storiche ramificazioni locali, una struttura di partito più capillare e in alcuni casi ha anche indovinato la scelta di alcuni candidati.

 

C’è una logica comune nel ridimensonamento di Pdl e Movimento 5 Stelle? Sembra proprio di sì, si tratta dei due partiti che più degli altri si identificano con il loro leader maximo. E così, quando Berlusconi e Grillo per forza di cose non sono i protagonisti delle elezioni i consensi scendono. Il dimezzamento dei grillini, che non conquistano nemmeno un ballottaggio, però deve fare riflettere anche sulla linea tenuta dai guru della comunicazione e della strategia: hanno scalato la montagna dei consensi in poco meno di due anni ma non hanno saputo interpretare il sentimento di protesta di gran parte degli elettori con una strategia che non ha convinto quasi nessuno, tanto che sul web è già cominciata la caccia ai responsabili.

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