Caso Messineo, bufera sulla Procura. L’accusa del Csm: “La sua gestione impedì la cattura di Messina Denaro”

di Redazione

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Caso Messineo, bufera sulla Procura. L’accusa del Csm: “La sua gestione impedì la cattura di Messina Denaro”

| mercoledì 12 Giugno 2013 - 10:18

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PALERMO, 12 GIUGNO 2013 – La prima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha avviato la procedura per il trasferimento d’ufficio del Procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo. Accuse pesantissime, compresa quella di avere impedito la cattura del latitante Matteo Messina Denaro a causa della mancata veicolazione di notizie all’interno della Procura.

 

La contestazione mossa da Palazzo dei Marescialli al magistrato è di gestire in maniera “debole” la Procura non garantendo la necessaria indipendenza dell’ufficio. Secondo la Commissione, Messineo avrebbe avuto rapporti privilegiati con Antonio Ingroia e sarebbe stato condizionato dal magistrato nelle sue decisioni.

 

Questo, secondo il Csm, avrebbe anche determinato spaccature e “veleni” fra i componenti della Procura palermitana. L’apertura del procedimento nei confronti di Messineo è stata decisa con il voto favorevole di tutti i componenti della Commissione, tranne il laico del Pdl, Niccolò Zanon, che si è astenuto.

 

Il prossimo 2 luglio è stata decisa l’audizione di Messineo che, assistito da un difensore, potrà rispondere alle contestazioni. Oltre alla “debolezza” della direzione dell’ufficio ed ai rapporti con Ingroia, la Commissione ha puntato il dito contro la “non continua” astensione del magistrato rispetto ad alcune inchieste.

 

Procedimenti che lo coinvolgevano direttamente o indirettamente, come quelle sul cognato e il fratello dello stesso Messineo. Sulla decisione ha pesato anche l’inchiesta su Banca Nuova e sui colloqui con l’allora manager Francesco Maiolini. In merito a questo il Csm ricorda che l’allora pm di Palermo Ingroia attese cinque mesi per trasmettere a Caltanissetta le intercettazioni telefoniche fra Maiolini e Messineo. 

 

La decisione della Commissione viene dopo le audizioni di molti magistrati della Procura di Palermo. Da queste testimonianze emergerebbe un clima molto teso all’interno dell’ufficio, soprattutto per quanto riguarda il procedimento sulla trattativa tra Stato e Mafia. Messineo ha rifiutato di rilasciare qualsiasi commento. 

 

Pesanti le accuse contenute nel documento della prima Commissione del Csm. La più pesante viene dal pm Leonardo Agueci la cui dichiarazione è citata nell’atto di incolpazione: non favorendo la circolazione delle informazioni all’interno dell’ufficio Messineo fu causa del mancato arresto del latitante Matteo Messina Denaro.


Secondo il Csm, Messineo “ha disatteso le prescrizioni del suo stesso progetto organizzativo, non provvedendo a favorire quella circolazione delle informazioni che, con particolare riferimento alle indagini di Dda, è strumento indispensabile per raggiungere risultati significativi”.

 

“Le notizie relative a importanti indagini gestite da alcuni procuratori aggiunti – scrive la Commissione – venivano apprese dai loro stessi colleghi dai giornali e non invece conosciute nel corso delle riunioni che avrebbero dovuto essere tenute periodicamente”.

 

Sul procedimento che riguardava la trattativa Stato-mafia, in particolare le riunioni “erano state due in sei mesi, quando se ne sarebbero dovute disporre una ogni quindici giorni”. Secondo le accuse di Palazzo del Marescialli “l’aggiunto Ingroia e il sostituto Di Matteo non gradivano dette riunioni”.


Poi l’atto di incolpazione passa ad affrontare il comportamento del Procuratore capo durante l’inchiesta per usura che coinvolgeva i vertici di Banca Nuova. Secondo il Csm, Messineo chiese al sostituto Marco Verzera di ”soprassedere, in attesa di ulteriori acquisizioni” prima di iscrivere il direttore della banca, Francesco Maiolini, nel registro degli indagati.

 

Il Csm scrive che Maiolini era legato a Messineo da ”rapporti di amicizia”, continuati durante l’inchiesta tanto forti da spingere Messineo, in precedenza, a chiedere e ottenere ”un posto di lavoro per suo figlio”. “Alcune relazioni con soggetti titolari del potere economico e politico locale – è il giudizio espresso nel documento del Csm – pur senza integrare forme di illecito, sembrano caratterizzate da modalità improprie o comunque inopportune per un procuratore della Repubblica”.


Contestati a Messineo anche il “mancato adempimento dei suoi doveri di vigilanza in relazione ai rapporti con la stampa di alcuni magistrati del suo ufficio”. In conclusione, il Csm ritiene che il Procuratore “non possa continuare a esercitare con piena indipendenza e imparzialità le funzioni di procuratore della Repubblica di Palermo”.

 

Perché i requisiti necessari “non attengono soltanto alle funzioni strettamente giudiziarie”, ma anche alla capacità di “gestire l’ufficio e le sue delicate dinamiche, senza alcun condizionamento oggettivo o soggettivo, interno o esterno”.

 

Contestualmente da Caltanissetta arriva la notizia dell’archiviazione dell’indagine per violazione del segreto istruttorio avviata nei mesi scorsi dalla Procura nei confronti di Messineo e che riguardava i colloqui e le telefonate fra il Procuratore e Maiolini. Lo ha deciso il gip di Caltanissetta, David Salvucci, accogliendo la richiesta avanzata dalla stessa procura nissena.

 

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