Palermo, la lunga agonia della Keller: licenziamento per i 196 dipendenti. Perché in Sicilia l’industria chiude

di Redazione

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Palermo, la lunga agonia della Keller: licenziamento per i 196 dipendenti. Perché in Sicilia l’industria chiude

| venerdì 28 Giugno 2013 - 18:47

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PALERMO, 28 GIUGNO 2013 – Giorni decisivi nella lenta e inesorabile agonia della Keller di Palermo, azienda di produzione e manutenzione di treni chiusa da due anni e in mano ai Commissari liquidatori.

 

In attesa che il Tribunale di Cagliari si pronunci sul futuro dell’intera azienda che ha un altro stabilimento a Villacidro in Sardegna, i Commissari hanno notificato il licenziamento collettivo dei 196 dipendenti del sito siciliano. Le organizzazioni sindacali hanno, come da prassi, richiesto un incontro che si è svolto ieri.

 

“Non possiamo certo firmare per i licenziamenti – spiega a Si24 Massimiliano Buttitta, della segreteria Fiom di Palermo e Rsu di Keller – ma caso mai accettare un piano di riduzione del personale e di prepensionamenti. Nella riunione con i Commissari abbiamo chiesto la revoca dei licenziamenti e l’applicazione della legge 223 che prevede la concessione di altri sei mesi di cassa integrazione in presenza di tavoli di confronto aperti”.

 

Un tentativo di allontanare la fatidica data del 5 agosto quando terminerà la cassa integrazione attualmente erogata. I tavoli regionali aperti sulla vertenza Keller, per la verità, non brillano per risultati ma possono servire almeno a prendere tempo. “Siamo andati alla terza e quinta Commissione Ars – racconta Buttitta – proprio per farci certificare la presenza di un confronto su Keller ma certo su tutto pesa l’assenza del Governo regionale con il presidente Crocetta che dal 27 febbraio scorso ci fa attendere per quell’incontro che aveva promesso ci sarebbe stato nell’arco di due settimane. Sulla vicenda Keller Crocetta segue esattamente la linea di Cuffaro e Lombardo, altro che rivoluzione”.

 

Il Commissario liquidatore deciderà sulla proroga della cassa integrazione nel giro di pochi giorni ma sulla vicenda pesa una situazione che si è ingarbugliata di anno in anno. Il 4 luglio il Tribunale di Cagliari tornerà a occuparsi della situazione Keller e il quadro desolante dello squilibrio fra debiti e patrimonio dell’azienda potrebbe portare alla dichiarazione di fallimento.

 

A questo punto per strada rimarrebbero tutti i 470 dipendenti di Carini e Villacidro e salterebbe anche la cessione dell’impianto sardo al gruppo indiano Ruia, rappresentato dalle controllate Jessop Group e Moltonway Limited con sede a Dublino. In casa siciliana non ci sono neanche opzioni del genere. Anzi il fallimento potrebbe essere evitato vendendo gli immobili siciliani per consentire la sopravvivenza del sito cagliaritano.

 

E la soluzione accennata da Crocetta in febbraio, di una trattiva con Ansaldo Breda per l’assorbimento delle maestranze all’Imesi di Carini appare sempre meno praticabile. “Il problema è sempre lo stesso – chiarisce Buttitta – le aziende smettono di investire su uno stabilimento e poi, quando questo diventa obsoleto lo dichiarano fuori mercato e scattano chiusure e licenziamenti”.

 

L’esponente della Fiom fa autocritica: “I sindacati dovrebbero scioperare quando le aziende bloccano il rinnovamento dei siti produttivi e non aspettare i licenziamenti”. L’Imesi di Carini è in queste condizioni, da tempo il gruppo Finmeccanica di cui fa parte AnsaldoBreda vuole dismettere il settore ferroviario e un forte interesse è venuto dal colosso giapponese Hitachi.

 

“Ma a loro – rivela Buttitta – interessano i siti di Pistoia e Napoli e non vogliono rilevare gli stabilimenti siciliano e calabrese, i meno rinnovati negli ultimi anni. Una situazione che temo possa venir fuori presto anche con Fincantieri. A Palermo si lavora meglio che altrove ma con impianti vecchi. Non vorrei che anche lì finisse al solito modo”. Come alla Italtel, alla Fiat di Termini Imerese, alla Telespazio dello Scanzano (sempre Finmeccanica), persino alla base di Trapani Milo dell’Agenzia Spaziale Italiana e l’elenco dei pezzi di industria italiana che in Sicilia hanno chiuso i battenti potrebbe continuare.

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