Università di Messina, esami pilotati dalla ‘ndrangheta: quattro arresti. Docente ai domiciliari

di Redazione

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Università di Messina, esami pilotati dalla ‘ndrangheta: quattro arresti. Docente ai domiciliari

| sabato 06 Luglio 2013 - 05:47

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MESSINA, 6 LUGLIO 2013 – L’ombra della ‘ndrangheta sui test di ammissione alle facoltà a numero chiuso e sugli esami universitari a Messina: quattro ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite nell’ambito dell’operazione Campus, per altre due persone è scattato l’obbligo di dimora. 

 

In manette sono finiti Domenico Antonio Montagnese, 50 anni, ritenuto vicino alla ‘ndrangheta calabrese, rinchiuso nel carcere di Messina Gazzi, e Salvatore D’Arrigo, 59 anni, arrestato a Desenzano sul Garda e tradotto nel carcere di Brescia.

 

Ai domiciliari invece sono finiti Marcello Caratozzolo, 47 anni, docente di Statistica e Matematica al Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Ambientali e metodologie Quantitative dell’Università di Messina e Santi Galati Rando, 57 anni, ex consigliere provinciale. Per altri due indagati, M.R., 36 anni, e P.R., 35 anni, è stato disposto l’obbligo di dimora. 

 

Le accuse per Montagnese, Caratozzolo e Galati Rando sono di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, al traffico illecito di influenze, al millantato credito, al voto di scambio. Nel caso di Montagnese il reato è aggravato dal metodo mafioso.

 

Gli arresti sono stati eseguiti dal Centro operativo della Dia di Catania in collaborazione con i colleghi di Milano e quelli della Sezione operativa Messina, su disposizione del gip di Messina.  I provvedimenti sono stati richiesti dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dal sostituto Liliana Todaro della Dda di Messina, coordinati dal procuratore capo Guido Lo Forte. 

 

Dalle indagini, avviate nel luglio 2012 e che si sono avvalse di intercettazioni, pedinamenti e riprese video, è emersa una vera e propria organizzazione che agiva all’ombra della ‘ndrangheta: a capo ci sarebbe Montagnese, già indagato nell’operazione “Panta Rei” per l’omicidio del professore Matteo Bottari, il primario del Policlinico di Messina ucciso nel 1998.

 

Minacce e “raccomandazioni”, Montagnese, intercettato dagli inquirenti, parla di due metodi: “se tu ti vuoi prendere gli esami senza fare un cazzo… e… senza problemi, allora bisogna andare praticamente a minacciare… non c’è niente da fare è così… è questo il sistema… quello si caca di sotto… è tutto là il discorso…inc… bisogna andare a minacciare… bisogna andare a minacciare e saperlo fare… perche se no, sei fottuto…” e quello più “politicio”: “e poi c’e’ il metodo Caratozzolo…. Caratozzolo và… dice: questo è un amico… un..cosa… vediamo che possiamo fare… parapì… parapù”.

 

Gi inquirenti hanno individuato raccomandazioni e interferenze sulle commisisoni d’esame, fino all’alterazione dei test d’accesso alle facoltà a numero chiuso. In particolare, Montagnese e Caratozzolo – secondo gli inquirenti – avrebbero dietro compenso economico, assicurato il loro interessamento per il superamento degli esami. La Dia ha documentato incontri e pagamenti. 

 

L’organizzazione, emerge dalle indagini, avrebbe fatto leva su una serie di docenti, “avvicinati” o “ammorbiditi” con regali. Ma anche minacce nei confronti di docenti che non si prestavano agli “esami facili”. Dalle indagini emerge il condizionamento di test d’accesso, soprattutto alla facoltà di medicina, di esami universitari, di esami di abilitazione, in particolare alla professione di dottore commercialista.

 

Un vero e proprio terremoto che potrebbe abbattarsi sull’Università di Messina: ”L’indagine non coinvolge solo gli arrestati di oggi, c’è un secondo filone che riguarda tutte le facoltà dell’ateneo Peloritano”, ha confermato il capo della Dia di Catania, Angelo Bellomo. 

 

In questo quadro di “favori reciproci” si innestano le accuse per voto di scambio nei confronti dell’ex consigliere Galati Rando, candidato alle ultime regionali. L’accusa è di avere barattato preferenze con idoneità scolastiche garantite attraverso le scuole private riconducibili al politico.

 

Per Montagnese si ipotizzano anche i reati di usura e tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso (reato di cui è accusato anche D’Arrigo): minacce di morte e di ritorsioni sarebbero state indirizzate ad un gruppo di operatori orafi del Nord Italia, vittime di prestiti usurai a tassi mensili del 50%.

 

 

 

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