“Italia? Nazione civile”. Il viaggio del Papa visto da un’altra angolazione nel racconto di Marco Pomar

di Redazione

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“Italia? Nazione civile”. Il viaggio del Papa visto da un’altra angolazione nel racconto di Marco Pomar

| mercoledì 10 Luglio 2013 - 07:42

clandestini

PALERMO, 10 LUGLIO 2013 – Con ironia e con il solito stile graffiante, lo scrittore palermitano Marco Pomar racconta la visita di Papa Francesco a Lampedusa vista da un’altra angolazione, quella di un extracomunitario come tanti che alla fine del lungo viaggio riceve una accoglienza inaspettata.

 

L’Italia è un grande Paese. Una nazione civile, attenta ai problemi degli ultimi, pronta alla solidarietà come nessun altra. Evidentemente le informazioni che mi aveva dato Amhed erano false. Forse non voleva che anche io, Kaled e Amina affrontassimo questo viaggio così duro.

Alla fine ne è valsa la pena, ma certamente non è stata una passeggiata di salute. Il barcone sul quale ci hanno caricato si è dimostrato largamente insufficiente per quanti eravamo. Abbiamo sofferto il caldo, la fame e la sete. Per giorni e giorni, il tempo era come se fosse sospeso, abbiamo visto soltanto acqua, una distesa immensa, infinita, di acqua.

Alcuni di noi sono svenuti, e abbiamo dovuto assisterli con mezzi di fortuna, mettendoli all’ombra e bagnandoli costantemente con acqua di mare. C’era anche una donna incinta e con due bambini piccoli, e davvero ho temuto per la sua sorte. A un certo punto anche io mi sono stancato di dare coraggio agli altri.

A me chi ci pensava? Mi sono trovato un angolo dove rannicchiarmi, prima ho pianto in silenzio, poi ho pregato a lungo. Pensavo di morire lì, senza dignità, senza distinzione tra me e gli altri. Un numero nemmeno tanto certo di annegati senza identità. Che modo triste di morire, ricordo che ho pensato.

Poi una mattina abbiamo visto la terra, da lontanissimo. Così lontano che non si poteva pensare di arrivarci a nuoto. Per fortuna siamo giunti tutti sani e salvi, e nelle condizioni in cui eravamo è stato un miracolo.

 

Amhed mi ha detto che durante il suo, di viaggio, sono morte diverse persone e hanno dovuto gettare i loro corpi in acqua. Non so se è vero, forse me l’ha detto per dissuaderci dal proposito di affrontare una traversata così dura.

Arrivati in prossimità della terra ferma siamo stati raggiunti da una nave della polizia marittima, credo che così si chiami. Sono stati tutti molto gentili, ci hanno dato subito acqua e panini, hanno aiutato quelli di noi più anziani o più sofferenti, a scendere a riva. Non era la Sicilia, come pensavamo noi, ma un’isola più piccola, sempre italiana.

Qui l’accoglienza è stata commovente. Il nuovo papa in persona si è scusato con noi, non so bene di cosa. C’era un mucchio di gente, tutti a stringerci le mani, ad abbracciarci, a piangere commossi come se avessero fatto loro questa follia di viaggio. Il sindaco, vescovi, altre persone non meglio identificate ci hanno dato da mangiare, un alloggio, una speranza.

L’Italia è davvero un Paese civile, all’avanguardia sul tema dell’immigrazione, dei diritti nei confronti dei meno fortunati come noi. Avranno certamente delle leggi speciali a nostra tutela, delle possibilità di inserimento lavorativo dedicate a noi, ne sono certo.

Si vede da come prestano attenzione al tema anche i media. Stasera su tutti i canali della tv italiana che abbiamo visto, non si faceva altro che parlare di questo evento di oggi, del papa che ci ha accolto, di quanto è aperta l’Italia, che ha perfino una ministra nera.

Si, i razzisti ci saranno come in tutte le nazioni, ma gli italiani, popolo civile, li avranno certamente relegati a minoranza silenziosa, trattando le discriminazioni come un reato.

Che fortunati siamo stati, finiti nel posto più accogliente d’Europa. Grazie Italia.

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