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L’agenda rossa di Borsellino fra mistero e simbolo nella Repubblica dove è scomparso troppo

PALERMO, 19 LUGLIO 2013 – C’era tutto quello che era accaduto dal 23 maggio 1992, la portava sempre con sé nella sua borsa. C’erano anche gli appuntamenti e i colloqui, forse molto di più: spunti investigativi e “fatti”.

 

L’agenda di Paolo Borsellino – scomparsa dalla borsa di pelle sistemata dietro il sedile anteriore della Croma blindata fra le 16,58 e le 17,20 del 19 luglio 1992 in via D’Amelio – è diventata in 21 anni l’Agenda Rossa. Uno dei misteri attorno ai quali ruotano indagini e processi, il simbolo dei tanti buchi neri che avvolgono l’uccisione del giudice e della sua scorta e il mistero più fitto, quello su una trattativa fra Stato e mafia della quale il giudice venne a conoscenza opponendosi e forse “anticipando” il suo appuntamento con la morte, quello della presenza dei “servizi” lì dove era morto il giudice.

 

Anche il simbolo della battaglia del fratello Salvatore e del “popolo delle Agende Rosse” in cerca della verità e della fine di ogni reticenza, di ogni confusione nel troppo labile confine fra Istituzioni e Cosa nostra.

Di quella agenda si è parlato nei ben quattro processi sulla strage, quattro, che già basta a comprendere quanto controverso è stato questo attentato. Ciò che c’è scritto dentro forse farebbe molto comodo ai pm che hanno imbastito il procedimento sulla trattativa che continua il 26 settembre dopo le assoluzioni di Mori e Obinu in un processo che con la trattiva era fortemente intrecciato.

Proprio a pochi giorni dall’inizio del processo, in mezzo ai tanti segnali e intimidazioni ai pm della trattativa – e mentre Sergio Lari interroga a Caltanissetta il capitano Giovani Arcangioli, già accusato e assolto per il furto dell’agenda – il quotidiano “La Repubblica” scova un video dove sembra spuntare l’agenda.

 

Qualcuno ne approfitta subito per chiedere conto ai pm di Caltanissetta Sergio Lari, Nico Gozzo, Gabriele Paci e Stefano Luciani del perché quei filmati non fossero agli atti del Borsellino quater. Lari in poche ore chiarisce che i filmati sono già noti e commissiona una perizia al Ris di Roma che dimostra che l’oggetto rosso è un parasole per auto. Ma in quelle 48 ore il filmato fa il giro del mondo e le dichiarazioni si susseguono a ritmo forsennato. L’ultima dimostrazione di come quel libricino sia diventato il simbolo di un tarlo che avvelena una nazione, il dubbio che qualcosa di inconfessabile sia accaduto.

 

Uno dei simboli dei misteri del nostro Paese. Quell’agenda scomparsa è in quel “magazzino dei dubbi” che contiene i nastri dei centri radar di Licola e Marsala della sera in cui esplose il Dc9 Itavia I-Tigi, il contenuto della borsa di Dalla Chiesa, ritrovata vuota alcune settimane fa dopo un dossier anonimo recapitato al magistrato Nino Di Matteo (pm dei processi Mori e Trattativa).

 

E poi i documenti delle Br e le lettere di Aldo Moro nel nascondiglio di via Gradoli a Roma su cui indagò Dalla Chiesa, le carte che qualcuno prelevò a casa dell’agente di Polizia Antonino Agostino che indagava sul fallito attentato a Falcone all’Addaura, poche ore dopo la sua uccisione il 5 agosto del 1989, tutto ciò che non fu trovato nel covo di Totò Riina, perquisito in ritardo. Tutte caselle mancanti che azzoppano la nostra Repubblica.

Redazione

Si24 è un quotidiano online di cronaca, analisi, opinione e approfondimento, fondato nel 2013 e con sede a Palermo. Il direttore responsabile ed editore è Maria Pia Ferlazzo.

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