In caso di condanna, l’America acconsentirebbe all’estradizione per Amanda?

di Giambrone Law

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In caso di condanna, l’America acconsentirebbe all’estradizione per Amanda?

| lunedì 07 Ottobre 2013 - 15:48

PALERMO – Sembrava una storia conclusa ed invece, con la sentenza n. 422/2013, la Corte Suprema di Cassazione (prima sezione penale) ha annullato con rinvio la sentenza che aveva assolto dai reati ascrittigli ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Giudicando la sentenza ricca di “molteplici profili di manchevolezze, contraddittorietà ed illogicità manifesta”, la Suprema Corte ha rimesso gli atti alla Corte di Appello di Assise di Firenze. E adesso cosa accadrà?

Il nuovo procedimento dovrà occuparsi non solo di dimostrare la presenza o meno dei due imputati nel locus commissi delicti, ma di delineare la posizione soggettiva del concorrente Rudy Guedè, a fronte del ventaglio di situazioni ipotizzabili. La nazionalità statunitense di Amanda Knox ha reso questa storia uno dei casi di cronaca nera più seguiti dalla stampa internazionale negli ultimi anni, accendendo un dibattito negli Stati Uniti circa la possibile estradizione in Italia della giovane americana. Se la Knox dovesse essere ancora una volta condannata, oppure sottoposta a una misura cautelare mentre si trova negli Usa, due sono le possibilità: o si consegna spontaneamente alla giustizia italiana, oppure si dovrà chiederne l’estradizione agli Stati Uniti. In questo caso, sarà il ministero della Giustizia italiano a domandare al corrispondente Dipartimento americano la cattura e il trasferimento della donna.

Ma le autorità americane potrebbero rifiutare l’estradizione di Amanda, nonostante quanto preveda il Trattato bilaterale sull’estradizione in vigore tra Italia e Stati Uniti, del 1983. Secondo tale Trattato, infatti, gli Usa non potrebbero rifiutare di estradare Amanda, in quanto “I Trattati internazionali sono considerati prevalenti dalla stessa Costituzione americana”. Vi sono, tuttavia, dei casi, chiamati ‘di protezione’ previsti dalla Carta dei padri fondatori, che se accertati permetterebbero agli Stati Uniti di giustificare il rifiuto alla domanda di estradizione nei confronti del mondo.

La vicenda giudiziaria di Amanda Knox si snoda intorno al principio del “double jeopardy”, ossia la norma costituzionale americana per cui una persona assolta non può essere processata una seconda volta sulla base delle stesse accuse. La valenza di tale principio è l’unica possibilità che ha Amanda di evitare l’estradizione. L’articolo VI° del Trattato di Estradizione tra Italia e Stati Uniti del 1983 recita infatti, “L’estradizione non è concessa quando la persona richiesta è stata condannata, assolta o graziata, o ha scontato la pena inflittale dalla parte richiesta per gli stessi fatti per i quali l’estradizione è domandata”.

In questo contesto, la domanda di estradizione da parte delle autorità italiane “violerebbe il principio legale americano, secondo cui un imputato per reati penali non può essere processato due volte per le stesse accuse”. Sebbene, analogo principio esista nell’ordinamento giuridico italiano, il caso Knox non vi rientra, poiché la sentenza non è ancora definitiva, visto che la Cassazione ha semplicemente rimandato, come è sua facoltà, a un nuovo processo.

Ma non è tutto. In data 30 settembre 2013 si è tenuta a Firenze la prima udienza del nuovo processo d’appello. Amanda Knox non è comparsa e la Corte ne ha dichiarato la contumacia. Se Amanda fosse condannata in contumacia, le autorità giudiziarie Usa potrebbero decidere di non procedere a estradizione perché ciò andrebbe a ledere il principio del “giusto processo” contenuto nella Costituzione americana. Sebbene, infatti, negli Stati Uniti sia ammesso il rinvio a giudizio di un individuo in “absentia”, non è invece ammesso che venga processato e condannato se fisicamente assente.

Anche sulla base di questo principio gli Stati Uniti potrebbero rifiutare l’estradizione di Amanda. Ma il rifiuto alla estradizione non risolverebbe tutti i problemi di Amanda che correrebbe il rischio di trovarsi prigioniera del suo stesso Paese. Se la studentessa di Seattle si recasse in Paesi con le quali l’Italia ha firmato accordi di collaborazione reciproca rischierebbe di essere arrestata e quindi estradata” sulla base di un mandato di cattura internazionale. Ad oggi, dunque, le possibilità che la ragazza di Seattle venga estradata sono molto basse rispetto a quello che l’opinione pubblica potrebbe pensare o aspettarsi.A prescindere dalle convinzioni di ciascuno, per conoscere le sorti di questa ragazza, che alcuni difendono ed altri accusano, non rimane che attendere l’esito del secondo processo di appello.

Avv. Donatella Sicomo

GiambroneLaw

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