Lo Bello: “La mafia impedisce la crescita economica”

di Redazione

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Lo Bello: “La mafia impedisce la crescita economica”

| venerdì 08 Novembre 2013 - 10:54

“La Legge di Stabilità è ancora in fase di definizione, è un cantiere aperto. Non si ha ancora un quadro complessivo ma la priorità per noi è un intervento forte sul cuneo fiscale, dare spazio a lavoro e occupazione”. Così Ivan Lo Bello, vice presidente di Confindustria, ospite a Tg2 Insieme.

“Senza un intervento su questo – ha aggiunto – miniamo la competitività delle imprese. Questa è una delle grandi riforme da fare. In questo momento il cuneo è la vera grande questione da affrontare deve essere messo al centro delle politiche di sviluppo”. Secondo Lo Bello per aggredire il debito pubblico “l’unico modo è crescere, perché la crescita determina maggiori introiti fiscali e quindi aiuta lo sviluppo. La priorità del Paese è crescere anche attraverso riforme importanti. Il debito è un lascito pesante per le generazioni future e quindi dobbiamo essere responsabili. Abbiamo anche una pressione fiscale altissima e in una situazione come questa non aiuta la crescita”.

“Nel 2007 abbiamo varato un codice etico con l’obbligo di denunciare il pizzo. Il nostro obiettivo è costruire una realtà sociale che si occupasse del problema mafia. Se non cambia la società non cambia la mafia”, ha continuato Lo Bello.

“La mafia distrugge ricchezza e impedisce la crescita economica del territorio. La società si deve responsabilizzare rispetto al tema della mafia. Nel tempo si è radicata una cultura antimafia – sottolinea Lo Bello – ma la mafia non è un problema del sud, è diventato un problema del Paese. Le indagini in Lombardia, Piemonte o in altre parti dimostrano che è radicata in quelle aree. Le mafie cercano di collocare attività in realtà con sviluppo economico più forte. Ci vuole un maggiore controllo sociale. Chi sa e coglie anomalie sul territorio ha il dovere di denunciare”.

Sui pagamenti dei debiti della P.A. alle imprese, Lo Bello ha dichiarato: “siamo in grande ritardo rispetto altri Paesi e le aziende soffrono perché solo una parte dei debiti sono pagati con un effetto congiunturale negativo”. Quanto ai tempi della giustizia civile, Lo Bello osserva come “in tutti i Paesi efficienti è stato un elemento di sviluppo economico. Una giustizia che dura 8 anni non può dare tempi certi. Bisogna intervenire, secondo il Csc con il 10% in meno di cause pendenti si potrebbe avere un +0,8% di Pil. In questi anni sono state fatte cose positive – aggiunge – come l’accorpamento dei piccoli tribunali. Bene anche i tribunali per le imprese che stanno dando i primi risultati importanti. Sul tema della deflazione delle cause – conclude Lo Bello – bisogna andare verso altre forme, come l’arbitrato e poi un principio base, chi perde deve pagare”.

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