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Da destra a sinistra tutti contro il Porcellum | E torna ad aleggiare lo spettro del Mattarellum

Se chiedete ai politici di casa nostra, che siedano questi in Parlamento o che si siano trovati d’improvviso disoccupati, quali dei tanti nomi di Satana conoscano, di certo il primo citato sarebbe “Porcellum”. O, nelle sue varie accezioni, “brutta copia di Porcellum”, “Porcellinum”, persino il “Super-Porcellum” di renziana fattura. Insomma. Il problema, il male dei mali, adesso, pare essere la legge elettorale che nell’ultimo decennio avrebbe gettato il Paese nell’ingovernabilità e nel caos.

Dal Colle alle Ande, tutti premono perché si riformi il modo di votare degli italiani. Tutti vogliono rivoluzionarla, la legge elettorale, cambiarla, stravolgerla. Poi il tempo passa, ci si ammorbidisce, gli angoli si smussano e piano piano tutto resta com’era, non prima di aver affrontato l’ultimo, grande, quesito. “Abbiamo parlato così tanto di riformare la legge elettorale che ora non c’è più tempo, e se tornassimo al Mattarellum?”

Nel pieno di questa crisi mistica si trova attualmente il Pd, storicamente avvezzo a qualsiasi forma di pensiero possa creare divisioni al suo interno. Lo stesso Pd il cui ultimo candidato premier, Pier Luigi Bersani, pronunciò, subito dopo le elezioni, la fatidica, frustrata, frase: “Siamo arrivati primi, ma non abbiamo vinto”. Tra i democratici sta dilagando l’infatuazione per la vecchia legge elettorale, da Renzi a Civati, anzi, da Civati, che si vanta di essere stato il primo a proporre la votazione vintage, a Renzi, passando per Cuperlo, fino ad arrivare, notizia di ieri, a Pittella, che dopo aver dichiarato “Si riformi la legge elettorale e poi si vada al voto”, ha confessato che, sì, anche il Mattarellum potrebbe passare.

E se tutti e quattro i candidati alla Segreteria la pensano allo stesso modo, è verosimile intendere che il prossimo segretario nazionale del Pd sarà Pro-Mattarellum, nonostante Matteo Renzi abbia promesso ai suoi follower che avrebbe presentato entro l’otto dicembre una proposta tutta sua, già battezzata “Sindachellum”, per la similitudine alla norma che sancisce la formula delle votazioni per l’elezione dei sindaci, anche se la Commissione elettorale ha già bocciato la proposta di Pd-Sel-Sc in merito al doppio turno, che è alla base delle elezioni amministrative. Ma all’interno del Pd non poteva mancare il Bastian contrario, che in questo caso ha le sembianze di Franceschini, irremovibile nel suo sostenere che con il Mattarellum ci si avvierebbe verso un’era senza fine di grandi intese (altro nome del male assoluto).

E gli altri? La Lega Nord, mamma del Porcellum, partorito dalla mente dell’allora ministro Roberto Calderoli, tifa per il Mattarellum. Il Pdl no. Molto critico, a questo proposito, Renato Brunatta, il cui pensiero è risultato, in questo caso, conforme a quello di Franceschini. Scelta Civica, da par suo è per il sì. Insomma, almeno a parole, il Belpaese sembra sempre più avviato verso un Mattarellum-Bis.

Ma in cosa consiste? La legge Mattarella, dal nome del suo redattore, è un sistema misto: Un po’ maggioritario, in quanto prevede l’assegnazione del 75% dei seggi ai candidati che prendono il maggior numero di voti nei colleggi uninominali (in un unico turno); proporzionale per il modo in cui si assegna il restante 25% dei seggi. Il Mattarellum “visse” dal ’93 al 2005. Con questa legge furono eletti tre governi: Il primo governo Berlusconi, nel 1994, quando il Cavaliere, fresco di discesa in campo, stravinse la sua prima sfida. Il primo governo Prodi, nel 1996, con il centrosinistra avanti d’un soffio rispetto agli avversari, che finì, a causa di ripetuti ruzzoloni, col dare vita anche al primo governo D’Alema, al D’Alema bis e all’Amato bis. E, in fine, nel 2001, al Berlusconi bis (che si trasformò, poi, in Berlusconi ter), con larga maggioranza dell’allora Casa delle libertà, che dominò sull’Ulivo.

Corsi e ricorsi dell’instabile sistema politico italiano degli ultimi anni. Un sistema segnato, indubbiamente dal Porcellum, che adesso, in parte, sogna di tornare al Mattarellum. Sempre che, una volta fatto il passo indietro, non si torni a temere quella che Giovanni Sartori appellò come “minotauro” e si arrivi alla drastica decisione che, magari, era meglio la legge Parri, del ’43.

Gabriele Ruggieri

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Gabriele Ruggieri
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