In 50 anni si è scritto e parlato tanto, troppo, di uno degli assassini più sconvolgenti della storia: John Fitzgerald Kennedy, il primo presidente statunitense di religione cattolica, fu ucciso a 45 anni il 22 novembre 1963, mentre attraversava sulla sua macchina, con accanto la moglie Jacqueline Bouvier, Dealy Plaza a Dallas.
Il delitto venne attribuito a Lee Harvey Oswald, un ex marine venticinquenne che scappò dal luogo del delitto e poi si dichiarò innocente, nonostante le impronte trovate sul suo fucile, posizionato al terzo piano del Book Depository, proprio da dove erano partiti i colpi che uccisero il presidente.
Tante le ombre su quella giornata, a partire dall’uccisione di Oswald nei locali della polizia di Dallas per mano di Jack Ruby, piccolo malavitoso in contatto con la mafia italiana. Il motivo? le lacrime della moglie di Kennedy.
Mezzo secolo dopo quell’omicidio, tra veleni e dissapori, ancora non si sa chi fosse davvero Oswald e che ruolo avesse nella Guerra Fredda che in quegli anni gelava i rapporti tra States e l’allora Unione Sovietica.
Di certo, l’America è cambiata radicalmente da quel giorno e in occasione del 50° anniversario della morte di JFK, l’attuale presidente Barack Obama ha proclamato il Giorno del ricordo: bandiere a mezz’asta in tutti gli States e tante manifestazioni.
E forse è proprio Dallas la città che si è impegnata di più: il luogo della morte di Kennedy non vuole più essere ricordata come la città dell’odio. Le grandi X bianche che indicavano il punto in cui si trovava la vettura di JFK sono state cancellate. Dallas è blindata, ma vuole ricordare Kennedy scacciando la negatività. Solo canti e preghiere oggi, a 50 anni dall’assassinio del presidente più amato d’America.