“La battaglia contro la mafia si poteva vincere tre anni dopo le stragi. È diventata qualcosa che stiamo combattendo ancora”. Giancarlo Caselli ripercorre così gli ultimi due decenni, parlando alla presentazione a Roma del suo libro “Vent’anni contro”, scritto con Antonio Ingroia.
“Ad un certo punto la lotta alla mafia non è stata prioritaria. Da parte della politica c’è stata la tendenza perversa di delegarla alle forze dell’ordine e alla magistratura. E allo stesso tempo gli strumenti di contrasto – ha detto Caselli – si sono ricoperti di ruggine e le lacune non sono state colmate”.
Ne sono emblema “le polemiche sul concorso esterno, l’unico strumento che abbiamo per colpire la zona grigia, fatto oggetto di critiche furibonde, anche da chi non te lo saresti aspettato, senza proporre niente di alternativo”.
“La procura di Palermo del dopo stragi – ha ripercorso Caselli – ha contribuito a far sì che la democrazia italiana non crollasse sotto i colpi mafiosi. Ma dovevamo occuparci della cosiddetta zona grigia, di quelli che con la mafia hanno rapporti, ci fanno affari, complicità, colleganze. E qui inizia la reazione”.
Il procuratore cita il caso, “emblematico”, contenuto nel libro, della reazione “furibonda” seguita all’apertura del fascicolo su Francesco Musotto, ex presidente della Provincia di Palermo, “assolto in tutti i gradi di
giudizio – ha precisato – in un processo in cui sono state condannate altre persone per aver ospitato Leoluca Bagarella.
Appena aperto il fascicolo si scatena la bagarre, manifestanti sulle scale della procura”. In fondo conclude “non è molto diverso da quello che è successo molti anni dopo nella manifestazione per Berlusconi” davanti al tribunale di
Milano.