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Grande folla ai funerali di Alessandra Siragusa /FOTO | Palermo dice addio alla signora della “Primavera” /VIDEO

Sono migliaia i palermitani che hanno voluto partecipare ai funerali di Alessandra Siragusa, 50 anni, morta a causa di una grave malattia. Simbolo, con Leoluca Orlando, della storica Primavera di Palermo, l’ex assessore alla Scuola del Comune di Palermo ha sempre rappresentato la voglia di cambiamento di questa città.

Nella chiesa di Sant’Eugenio Papa si sono riuniti tantissimi esponenti della politica siciliana e nazionale, nonostante la pioggia e la giornata di impegni. Moltissimi gli esponenti dell’Assemblea regionale siciliana: l’aula per l’approvazione della Finanziaria è stata fissata per mezzogiorno proprio per poter partecipare ai funerali di Alessandra Siragusa.

Commosso il ricordo del presidente Crocetta: “Non voglio iscrivere Alessandra Siracusa in un periodo storico perchè è esempio della politica anche per giovani d’oggi”.

I funerali sono stati disturbati da un contestatore che ha interrotto i ricordi degli amici e dei parenti urlando contro la “nuova politica che sta portando la gente alla disperazione”.

Da una chiesa gremita è uscita, al termine della funzione, l’assessore alla Scuola della giunta Orlando, Barbara Evola, idealmente l’erede di Alessandra Siragusa. “Un momento difficile – ha commentato – una grossa responsabilità”. Il Comune ha annunciato che all’inizio del nuovo anno intitolerà una scuola all’ex assessore Alessandra Siragusa.

La folla, commossa, ha accompagnato con un applauso la bara trasportata dalle donne di Emily, l’associazione che Alessandra Siragusa aveva fondato a Palermo.

LE FOTO del funerale di Alessandra Siragusa

Maria Teresa Camarda

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  • Oggi il cielo ti ha aperto le porte, ma resti con noi, il tuo sorriso illumina i nostri passi. Arrivederci Ale! "Sono contento che tu abbia trovato quello che mancava al tuo motore. Puoi ritornare a casa tua..."
    "Come lo sai?"
    Stavo appunto per annunciargli che, insperatamente, ero riuscito nel mio lavoro!
    Non rispose alla mia domanda, ma soggiunse:
    "Anch'io, oggi, ritorno a casa..." "Gli uomini hanno delle stelle che non sono le stesse. Per gli uni, quelli che viaggiano, le stelle sono delle guide. Per altri non sono che delle piccole luci. Per altri, che sono dei sapienti, sono dei problemi. Per il mio uomo d'affari erano dell'oro. Ma tutte queste stelle stanno zitte. Tu, tu avrai delle stelle come nessuno ha..."
    "Che cosa vuoi dire?"
    "Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abitero' in una di esse, visto che io ridero' in una di esse, allora sara' per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!"
    E rise ancora.
    "E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre il mio amico. Avrai voglia di ridere con me. E aprirai a volte la finestra, cosi', per il piacere... E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo.
    Allora tu dirai: "Si, le stelle mi fanno sempre ridere!" e ti crederanno pazzo.
    "T'avro' fatto un brutto scherzo..."
    E rise ancora.
    "Sara' come se t'avessi dato, invece delle stelle, mucchi di sonagli che sanno ridere..."
    E rise ancora. Poi ridivenne serio.
    "Questa notte... sai, non venire".
    "Non ti lascero'".
    "Sembrera' che io mi senta male... sembrera' un po' che io muoia. E' cosi'. Non venire a vedere, non vale la pena..."
    "Non ti lascero'".
    Ma era preoccupato.
    "Ti dico questo... Anche per il serpente. Non bisogna che ti morda... I serpenti sono cattivi. Ti puo' mordere per il piacere di..."
    "Non ti lascero'".
    "Ma qualcosa lo rassicuro':
    "E' vero che non hanno piu' veleno per il secondo morso..."
    Quella notte non lo vidi mettersi in cammino.

    Si era dileguato senza far rumore. Quando riuscii a raggiungerlo camminava deciso, con un passo rapido. Mi disse solamente:
    "Ah! Sei qui..."
    E mi prese per mano. Ma ancora si tormentava:
    "Hai avuto torto. Avrai dispiacere. Sembrero' morto e non sara' vero..."
    Io stavo zitto.
    "Capisci? E' troppo lontano. Non posso portare appresso il mio corpo. E' troppo pesante".
    Io stavo zitto.
    "Ma sara' come una vecchia scorza abbandonata. Non sono tristi le vecchie scorze..."
    Io stavo zitto.
    Si scoraggio' un poco. Ma fece ancora uno sforzo:
    "Sara' bello, sai. Anch'io guardero' le stelle. Tutte le stelle saranno dei pozzi con una carrucola arrugginita. Tutte le stelle mi verseranno da bere..."
    Io stavo zitto.
    "Sara' talmente divertente! Tu avrai cinquecento milioni di sonagli, io avro' cinquecento milioni di fontane..."
    E tacque anche lui perche' piangeva.
    "E' la'. Lasciami fare un passo da solo".
    Si sedette perche' aveva paura.
    E disse ancora:
    "Sai... il mio fiore... ne sono responsabile! Ed e' talmente debole e talmente ingenuo. Ha quattro spine da niente per proteggermi dal mondo...".
    Mi sedetti anch'io perche' non potevo piu' stare in piedi.
    Disse: "Ecco... e' questo qui..."
    Esito' ancora un poco, poi si rialzo'. Fece un passo. Io non potevo muovermi.
    Non ci fu che un guizzo giallo vicino alla sua caviglia.
    Rimase immobile per un istante.
    Non grido'. Cadde dolcemente come cade un albero.
    Non fece neppure rumore sulla sabbia.

    Antoine de Saint-Exupéry

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Pubblicato da
Maria Teresa Camarda
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