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Autorizzata la citazione in giudizio | dell’Ambasciatore tunisino in Italia

Fa discutere la notizia che ha fatto il giro della rete secondo la quale il giudice Massimo Todella di Genova avrebbe autorizzato la citazione in giudizio dell’ambasciatore tunisino a Roma, Naceur Mestiri, come responsabile civile ai fini del risarcimento, nel processo penale pendente nei confronti di due poliziotti tunisini che avrebbero usato violenza a due poliziotti del porto genovese durante lo sbarco dei passeggeri dalla motonave Carthage.

La citazione è stata stata chiesta dall’avvocato Michele Ispodamia che assiste uno dei due poliziotti di Genova, parte civile nel procedimento. Il legale avrebbe anticipato che il formale decreto di citazione sarà depositato la prossima settimana e notificato all’ambasciatore tunisino.

L’affermazione e la soddisfazione del legale secondo cui “per la prima volta uno Stato straniero viene chiamato in giudizio da un tribunale penale italiano”, lascia perplesso chi opera in contesti internazionali e tiene conto, nelle proprie consulenze, di fattori come la territorialità, la titolarità giuridica ed il contrasto degli strumenti giuridici italiani con le norme di diritto internazionale pubblico o diritto internazionale privato.

È già discutibile la competenza territoriale italiana e va dato per scontato che la consumazione del reato contestato possa pacificamente essere individuata in territorio italiano.

Sebbene la motonave fosse attraccata nel porto italiano di Genova, il reato contestato sembrerebbe essere stato commesso (fatto ovviamente da accertare) durante l’incontro tra autorità italiane e tunisine nella fase di sbarco e di controllo dei passaporti e dei visti, fase che normalmente avviene sulla nave stessa, e che, pur interessando l’intervento dell’autorità italiane, soggiace alla territorialità della bandiera battuta dalla motonave – nel caso di specie tunisina.

Saranno da accertare profili di stretto diritto internazionale che interessano le norme di competenza alla frontiera tra due Stati (casi tipici nel caso di fatti avvenuti in mare aperto o nei porti prima dello sbarco effettivo), le norme di diritto marittimo internazionali e, stante l’accorata richiesta della parte civile al risarcimento da parte dello Stato tunisino, rappresentato in Italia, a livello diplomatico, dall’Ambasciatore Naceur Mestiri, la legittima richiesta e la potenziale responsabilità, anche solo oggettiva, dello Stato tunisino sulle azioni dei poliziotti (se considerati in ultima istanza colpevoli e se confermata la competenza territoriale a decidere del Tribunale italiano.

Stupisce come da una parte l’opinione pubblica sia sdegnata dall’accanimento della magistratura indiana nel trattenere i nostri Marò italiani, nel non accogliere le istanze di estradizione e nel procedere ad un giudizio penale che valuterà italiani in base alle norme penali indiane. In questo importante e discusso caso dei due Marò pugliesi si solleva la questione della competenza che avrebbe dovuto essere considerata in base alla bandiera battuta dalla nave italiana, ed in questo caso, al contrario, quasi si gioisca all’idea di coinvolgere uno Stato estero, democratico e che ha rapporti più che pacifici e di amicizia e collaborazione con l’Italia, chiamando in causa il loro rappresentante in Italia.

Saranno poi da accertare i fatti e le responsabilità degli agenti coinvolti, ma soprattutto sarebbero subito da accertare le responsabilità civili contestate da uno Stato straniero per azioni, penalmente rilevanti, che, ove accertate, non sono necessariamente ed automaticamente connesse o espressione delle loro funzioni pubbliche.

L’abuso di potere di un agente di polizia è solo responsabilità diretta e personale degli agenti stessi che hanno prevaricato i limiti del proprio ruolo contravvenendo alle direttive imposte dai propri superiori. Non siamo certamente in presenza di direttive imposte dallo Stato tunisino o di un contesto rivoluzionario in cui alla polizia viene chiesto di intervenire, in stato di emergenza, per interessi di ordine pubblico. Nessuno stato di emergenza può essere stato dichiarato dallo Stato tunisino – che si ripete è chiamato eventualmente a rispondere ed è semplicemente rappresentato in Italia dal suo Ambasciatore Naceur Mestiri. Al contrario lo Stato tunisino, in persona del suo Ambasciatore avrebbe titolo a partecipare come parte civile nel processo penale pendente, tenuto conto della lesione di immagine che in questo momento lo stato tunisino (e l’Ambasciata tunisina in Italia) sta subendo a causa dei fatti de quo.

Prima di coinvolgere Stati esteri in un procedimento che è comunque volto ad accertare, intanto, le responsabilità penali scaturenti da fatti in discussione, sarebbe opportuno attendere una sentenza irrevocabile dalla quale, poi, risulti anche che lo Stato estero fosse a conoscenza o comunque non abbia fatto ciò che aveva il dovere di fare per evitare detti fatti.

Il sensazionalismo è il solo risultato di certi strumenti procedurali proposti al solo fine di rendere più discusso un caso ed alzare il livello di interesse dell’opinione pubblica, con il risultato, a mio sommesso parere, anche di generare contrasti tra due Nazioni “amiche”, a svantaggio della Tunisia che, con le sue difficoltà sta tentando di risorgere in un’ottica di democrazia e rispetto dei diritti umani.

  • Avv. Alessandra Bellanca
  • Head of International Department
  • Giambrone Law Studio Legale Internazionale

 

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