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Armao attacca Crocetta: “Ha svenduto l’autonomia della Sicilia | Si assuma le sue responsabilità e non faccia scaricabarile”

Il risanamento finanziario della Sicilia è impensabile senza il rilancio dell’autonomia. La sonora bocciatura della manovra di bilancio è il risultato delle contraddizioni del Governo Crocetta, che non ha adottato le misure di risanamento necessarie ed ha abbandonato il confronto, anche serrato, con lo Stato sull’autonomia finanziaria della Sicilia e l’attuazione del federalismo fiscale.

L’effetto: l’inaffidabilità della Regione e la delegittimazione dell’Autonomia. Esempio emblematico: la remissiva attuazione dell’art. 37 dello Statuto, svenduto lo scorso anno come attuazione storica, ma che ha utilizzato risorse già spettanti alla Regione (insieme e quel che restava dei Fondi di sviluppo e coesione, ex FAS) solo per far quadrare i conti dello sgangherato bilancio 2013.

Si è aperta così una fase di crisi che è sì finanziaria, ma anche della politica col “cappello in mano” di Crocetta, condita da pittoreschi “pellegrinaggi e preghiere” a Roma, che ha svenduto le prerogative statutarie (quante impugnative di leggi statali che hanno violato le competenze regionali proposte nell’ultimo anno?).

Ricordava G. B. Shaw che “spesso ci si attacca ai numeri come gli ubriachi si attaccano ai lampioni, non per farsi illuminare ma per farsi sostenere”: escluderei che gli abusi di Crocetta riguardino l’alcol, ma certamente si aggrappa a numeri inesistenti quando ricorre alla nobile pratica dello ‘scarica barile’ sui precedenti governi.

La Corte dei conti ha riconosciuto che nell’ultimo quadriennio si è registrata nei bilanci regionali una decisa contrazione della spesa.Lo stesso Crocetta li ha sintetizzati nel DPEF 2013-2017, approvato dall’Ars nel febbraio 2013 (pag 63).

E’ pertanto quantomeno contraddittorio affermare, dopo le imbarazzanti accuse al Commissario dello Stato, che la spesa sia costantemente cresciuta ed i bilanci falsi.

Facciamo il punto. Settembre 2012, dopo le misure di contenimento dei costi varati in estate, lanciai un grave allarme sulla situazione finanziaria della Sicilia.

Riforma costituzionale sul pareggio di bilancio, adozione del fiscal compact a livello europeo, senza interventi tempestivi di riforma strutturale e revisione della spesa, da adottarsi prima della chiusura dell’anno, ed una riduzione dei vincoli del patto di stabilità, senza definire le trattative sul federalismo fiscale, avviate dopo i successi ottenuti dalla Sicilia in Corte costituzionale, avrebbero determinato il rischio default tra la fine del 2013 ed il 2014. E purtroppo non ci siamo lontani.

Allarmi caduti nel vuoto, tanto che Crocetta mi spacciò per questo come “traditore della Sicilia”, mentre il Ragioniere generale Biagio Bossone – economista proveniente da Bankitalia – che aveva evidenziato al Presidente appena insediato la difficile situazione e le misure per farvi fronte (una manovra da 2 miliardi), ricevette, di pronto accomodo, il licenziamento in 48 ore.

A soli quattro giorni dalle elezioni regionali, Fitch – constatando l’inesistenza di una maggioranza (che manca ancora) – ridusse il rating della Regione (“la discontinuità politica sposterà l’implementazione di qualunque riforma della spesa corrente a fine 2013“). Le previsioni erano esatte. I costi della politica (di Ars, governo etc.) in attuazione della ‘normativa Monti’ sono stati (solo in parte) ridotti da qualche settimana, mentre resta un mistero quanto percepisca il presidente della Regione.

Crocetta ha sottovalutato le misure da introdurre, pensando che svendendo l’autonomia della Sicilia avrebbe ottenuto benefici.

Questo è il risultato:

– in 15 mesi nessuna misura strutturale di riequilibrio finanziario è stata adottata al di fuori delle riduzioni imposte dalla disciplina del patto di stabilità o dalla necessità di finanziare i precari, nè si sono trovate nuove risorse dismettendo beni immobili e partecipazioni (anzi, la vendita intrapresa nel 2012 è stata bloccata).

– sono stati interrotti i lavori sia del tavolo sul riequilibrio finanziario avviato sin dall’inizio del 2012 (col presidente Monti ed  il ministro Grilli)  che quello, cruciale per il futuro della Sicilia, sul federalismo fiscale che avrebbe potuto consentire alla Regione di acquisire nuove risorse e nuove funzioni. Emblema di questa disattenzione è la nomina della Commissione paritetica, essenziale per il negoziato sul federalismo fiscale, intervenuta dopo 15 mesi di Governo Crocetta;

– i bilanci regionali precedenti, nel loro impianto complessivo, non hanno incontrato le censure del Commissario dello Stato e sono stati tutti parificati dalla Corte dei conti. Sicché dire oggi  che sono falsi ha il sapore di scusa tardiva e che, tutto sommato, mira a colpire gli organi di controllo;

– il bilancio 2013 è stato portato in equilibrio grazie a risorse extraregionali (quelle maldestramente provenienti dall’art. 37 dello Statuto e quelle degli ex fondi Fas) terminate le quali quest’anno ci sarebbero stati problemi. Ma come era pensabile lo sconto ai petrolieri sulle royalties, nel precario equilibrio finanziario, senza adeguata copertura finanziaria?

– la squadra burocratica che ha confezionato i documenti contabili degli anni passati è sostanzialmente inalterata (anzi con Crocetta ha avuto una promozione), sicché delle due l’una: se si tratta di incompetenti (ma tali non sono affatto) vanno cambiati, oppure ha prevalso l’approssimazione del Governo che non comprende che la contabilità pubblica è profondamente cambiata con l’introduzione in Costituzione del pareggio di bilancio (art. 119), l’adozione del fiscal compact, l’evoluzione giurisprudenziale costituzionale (sent. nn. 138, 250, 266, 309 del 2013). Tutte questioni evidenziate dalla Corte dei conti sul tema dei residui attivi già il 28 giugno scorso alla parificazione del bilancio 2012 ed opportunamente richiamate dal Commissario dello Stato in modo informale prima (restando inascoltato) e nel ricorso proposto alla Corte costituzionale poi.

Non credo di esagerare ad immaginare che Crocetta, se incontrasse oggi il mitico Bartali nelle carrozze ferroviarie che ambisce romanticamente a frequentare, si  beccherebbe sicuramente un «l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!».

Meglio, per lui, continuare a correre su potenti ammiraglie nuove di zecca.

Gaetano Armao

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Gaetano Armao
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