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Vignettista in carcere a Tunisi, condannato per blasfemia per i suoi disegni su Maometto

In questi giorni la notizia della reclusione in Tunisia del disegnatore Mejri ha fatto scalpore in tutto il mondo. Il disegnatore tunisino, così come il vignettista danese ed altri suoi colleghi, è stato oggetto di numerosi attacchi mediatici provenienti dalle frange islamiche più estreme, fino ad arrivare alla sua carcerazione iniziata nel 2012 e tutt’ora in corso.

La campagna in sostegno del vignettista, denominata “Cento disegni per Jabeur”, ricorda la recentissima adozione della nuova Costituzione tunisina che garantisce libertà di coscienza e di espressione e afferma che il proseguire della detenzione di Mejri contrasta “con lo spirito della carta”.

Queste affermazioni possono ritenersi veritiere se ci si soffermi sul dettato dell’art. 31 della nuova Carta Costituzionale, che prevede la garanzia di: “libertà d’opinione, di pensiero, di espressione, d’informazione e di pubblicazione”.

In questo particolare caso però, lo spirito della nuova Costituzione tunisina deve soffermarsi maggiormente sul contrasto tra laicità e religione, considerato che la figura di Maometto assume un’importanza determinante che nell’attuale contesto può andar oltre il semplice principio di libertà d’opinione.

Nonostante la rinnovata laicità ritrovata, ma anche riveduta, nella nuova costituzione tunisina, tanti rimangono i dubbi sulla reale applicazione della stessa nella quotidianità vissuta dalla popolazione del Paese del gelsomino. Una vera e piena laicità non viene apertamente espressa dal nuovo dettato costituzionale. Nei suoi principi generali, lo Stato si dichiara civile, fondato sulla cittadinanza, la volontà del popolo e la supremazia della legge (art.2).

Si dichiara anche libero, indipendente e sovrano. Ma nell’art. 1 della Costituzione si evidenzia in maniera chiara ed evidente quale sia la scelta sul piano religioso. Infatti, lo Stato tunisino non è laico o solo ispirato all’Islam; lo Stato tunisino ha come sua religione l’Islam.

Questo carattere, marcatamente religioso, viene alleggerito nell’art. 6 della Costituzione, ove si indica che “lo Stato è il guardiano della religione”. Lo stesso articolo costituzionale garantisce la libertà di coscienza e di fede, il libero esercizio del proprio culto e la neutralità delle moschee e dei luoghi di culto da tutte le strumentalizzazioni di parte.

Nella stessa carta costituzionale, dunque, i concetti di laicità e religiosità trovano un evidente contrasto. Infatti, seppur vero che lo Stato debba rispettare gli altri culti, in maniera un po’ particolare, in capo al preambolo costituzionale, troviamo un epiteto che laico sicuramente non è, ovvero: “In nome di Dio, il clemente, il misericordioso”; formula utilizzata nella fede islamica come apertura di ogni sura coranica.

Nello stesso preambolo si evidenzia l’attaccamento del popolo tunisino ai precetti islamici, oltre che ai principi universali dei diritti dell’uomo, e si ribadisce ancora una volta con forza l’identità del popolo tunisino inteso come arabo e musulmano. Infine il preambolo si chiude dichiarando testualmente che: “In nome del popolo, noi redigiamo, con l’aiuto di DIO, questa costituzione”. Si può concludere che, seppur la nuova costituzione garantisca maggiormente l’applicazione di molti principi democratici moderni, allo stesso tempo non può definirsi laica, ma, al contrario, marcatamente religiosa.

Giambrone Law

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