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Testimone di giustizia morta, cinque arresti | In manette i familiari e due avvocati

Cinque persone sono state arrestate dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, nell’ambito delle indagini sulla morte della collaboratrice di giustizia Maria Concetta Cacciola, morta suicida nell’agosto 2011 in circostanze non ancora del tutto chiarite. Gli arrestati sono il padre, la madre e il fratello della donna e i due avvocati difensori della famiglia Cacciola.

I cinque, che hanno ricevuto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Reggio su richiesta della Dda, sono accusati di avere agito negli interessi della cosca della ‘ndrangheta Bellocco e della cosca Cacciola di Rosarno. Devono rispondere dei reati di concorso in maltrattamenti in famiglia, aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso; concorso in violenza privata, aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso; concorso in violenza o minaccia per costringere a commettere un reato aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso; concorso in favoreggiamento personale aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso.

Maria Concetta si è tolta la vita il 20 agosto 2011 bevendo dell’acido muriatico.

Proprio qualche giorno fa si era concluso il processo d’appello per i tre congiunti della Cacciola, Michele padre della giovane, condannato a 4 anni (5 anni e 4 mesi in primo grado); il fratello Giuseppe, a 4 anni e 6 mesi (in primo grado 6 anni), Anna Rosalba Lazzaro, confermata la condanna a 2 anni. I reati per cui sono stati arrestati questa mattina, con l’operazione “Onta”, sono successivi a quelli per i quali sono stati già processati.

Le indagini, che secondo le accuse hanno rivelato un quadro indiziario molto più ampio, sono state avviate a seguito della trasmissione da parte della Corte d’Assise di Palmi degli atti relativi al procedimento celebrato nei confronti di Giuseppe Cacciola, Anna Rosalba Lazzaro e Michele Cacciola.

Secondo i carabinieri emergerebbe una “chiara ed evidente condotta di subornazione e costrizione sino al decesso” da parte dei tre familiari ai danni della vittima, tenuta segregata nel timore di una sua fuga dall’abitazione paterna.

Redazione

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