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Boccia: “Parità di genere per il salva Lega? | Dimostrazione che Verdini detta le regole”

È stato fra i primi, nonostante la sua fede ‘lettiana’, a fare endorsement per Matteo Renzi quando ancora il sindaco di Firenze era lontano più di qualche centinaio di chilometri da palazzo Chigi ma cominciava la sua scalata alla segreteria nazionale del Pd sostenendolo alle primarie che poi ne hanno decreto la vittoria schiacciante su Gianni Cuperlo. Da allora di mesi sembrano esserne passati tanti.

Di certo molto è accaduto. E le strade di Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, e quella dell’oggi premier Renzi si sono divise. I motivi sono diversi. E spesso non dichiarati come la vicenda delle dimissioni della moglie, il ministro dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo.

Ma adesso il terreno di scontro vero, sostanziale, è l’Italicum: l’impianto della riforma elettorale piace a Boccia al 20% come ha detto questa mattina nel corso della trasmissione Agorà.

Concetto che argomenta in questa intervista a Si24.it

“L’ho già detto pubblicamente nell’assemblea del gruppo Pd a Montecitorio. Questa legge così com’è non mi piace. Se non c’è la possibilità di scegliere gli eletti da parte degli elettori, opzione che si traduce nell’introduzione delle preferenze – l’unico compromesso possibile è quello delle primarie obbligatorie per legge (emendamento di SC ritirato, ndr), si darà vita a una brutta legge. Ci sono ancora, su questo tema, alcuni emendamenti accantonati; mi auguro che il governo sappia mediare con l’altra parte dell’opposizione con cui questa legge elettorale di riforma è stata concepita”.

C’è un altro tema caro al Partito democratico che in queste ore sta scatenando reazioni di vario tipo: la parità di genere. 

“E’ un tema centrale insieme a un terzo aspetto che mi preoccupa molto: si sta cambiando una legge solo per la Camera dei Deputati. Se mi si dice che c’è un vincolo secondo cui si approva l’Italicum per la Camera subordinandolo alle altre riforme costituzionali come la modifica del Senato e che questo si farà in un tempo determinato, fra i 18 e i 24 mesi, non posso che essere contento perché per una macchina amministrativa efficiente c’è urgenza di arrivare al monocameralismo. Ma si sa che per trasformare le nostre idee in decisioni politiche servono sempre non meno di sei mesi. Se però mi sento dire, come mi è stato detto all’assemblea del gruppo Pd, che in caso di crisi improvvisa – e lei sa che nessuno riesce mai a stabilire di chi sia la responsabilità di una crisi improvvisa come non si poteva immaginare il cambio al governo avvenuto in meno di venti giorni – si potrebbe votare con due sistemi elettorali diversi, quello che verrà fuori dalla Camera per la Camera e ciò che viene fuori dalla Consulta e che nessuno è in grado ancora di decifrare per il Senato, chi ha un minimo di senso di responsabilità nei confronti degli italiani, non potrà negare che ci troveremmo di fronte ad un grande pasticcio”.

Insomma dalle sue parole emerge una secca bocciatura, altro che 20%.

“Il mio consiglio è che se non siamo in grado di garantire  le battaglie che il Pd ha sempre fatto – preferenze e parità di genere su tutto – allora non si possono rinnegare quei principi che hanno costituito sempre i motivi fondanti della nostra azione politica. Non posso rinnegare quei principi in nome di un accordo con le opposizioni”.

Sulla parità di genere, lo saprà bene, si sostiene che sia in corso una trattativa neanche troppo sotterranea fra governo e Forza Italia che mette sul tavolo da un lato la norma che garantisce una rappresentanza paritaria fra uomini e donne in lista e dall’altro l’emendamento cosiddetto salva-Lega. 

“Spero non sia così. Sarebbe l’ennesima dimostrazione che le danze in questa vicenda le detta Verdini e non il gruppo dirigente del Partito democratico. Io sarei contrario ma non per la Lega, badi. il tema del quorum connesso ad un certo numero di regioni penso vada affrontato ma mettendo in discussione una serie di punti ancora opachi nell’impianto dell’Italicum e che riguardano la rappresentatività di altri gruppi politici presenti nel paese. Trovo folle che si possano mettere in coalizione liste civetta – come poi ieri è passato alla Camera – che ottenendo anche lo 0,4 o 0,5% dei consensi vadano ad ingrassare i risultati di un’area. Che non sarà il centrosinistra dove per tradizione liste e listarelle collegate hanno sempre avuto meno fortuna. E mi pare assurdo, al contrario, che partiti che ottengono il 4% e che non riescono a superare lo sbarramento del 4,5 fin qui previsto non entreranno in parlamento nemmeno con diritto di tribuna. E’ il tema della rappresentanza che va affrontato e non quello della Lega. Se ci fosse in atto l’emendamento salva-Lega come merce di scambio sulla parità di genere sarebbe volgare e fuori luogo”.

Sul dibattito aperto all’interno del Pd, e rilanciato dalla presidente Bindi che spinge sull’opportunità delle dimissioni dei sottosegretari democratici indagati dopo il caso Gentile, lei che pensa?

“Su questa domanda devo chiederle di rivolgerla al segretario del Partito democratico. Se fosse la stessa persona di qualche tempo fa, i sottosegretari dovrebbero dimettersi. Ma lo chieda a lui, per favore”.

Elena Di Dio

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Elena Di Dio
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