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“Meglio bruciare in fretta che spegnersi piano”, il ricordo di Kurt Cobain

Vent’anni. Quattro lustri, 7300 giorni. Tanti ne sono passati da quel 5 aprile del 1994 che cambiò irrimediabilmente la musica degli anni ’90. Quel giorno Kurt Cobain, leader dei Nirvana e idolo di milioni di giovani cresciuti nel mito del suono di Seattle decise che ne aveva abbastanza di quella vita da rockstar da lui mai amata fino in fondo.

Un colpo di fucile autoinflitto alla testa. Il freddo rapporto autoptico successivo alla morte riportava questa frase. Insieme alle altissime dosi di eroina che si era iniettato. E che negli anni a seguire diedero vita a tutta una serie di teorie del complotto secondo le quali il suicidio fu solo una messinscena per coprire qualcosa di più grande.

Ma nel ventennale della morte sarebbe banale ricordare Kurt Cobain attraverso una semplice ricostruzione della sua figura e dei momenti subito precedenti e successivi alla morte. Anche perché sono stati davvero pochi i personaggi nel mondo del rock a essere così sfuggenti e difficilmente inquadrabili.

Meglio andare a ritroso e cercare di tramandare la grandissima influenza che ha avuto negli anni a seguire per decine e decine di band in tutto il mondo. Un padre putativo per centinaia di ragazzi che hanno imbracciato una chitarra cercando di riprodurre il riff di “Smells Like Teen Spirit” o l’introduzione dolente di “Pennyroyal Tea”.

Kurt Cobain è divenuto un simbolo per tutti quei ragazzi che, come lui, sono sempre scesi con difficoltà a patti con il mondo. Per tutti coloro che nel buio di una stanzetta cercavano un modo per uscire da quel nocciolo di inquietudine. L’urlo di Kurt Cobain è stato una speranza, un barlume in quella profonda oscurità.

Dietro un muro di distorsioni, apparivano le melodie di canzoni che avrebbero segnato un’epoca. Per un appassionato fan dei Beatles come lui in fondo la melodia era tutto. E infatti, se ci si sforza di mettere da parte il fragore delle chitarre, compare ancora oggi la freschezza di melodie immortali come quelle di “Serve The Servants”, “About a Girl” e “Come As You Are”.

A distanza di vent’anni il suo lascito è ancora presente più che mai. La penultima rivoluzione nel mondo del rock porta indelebile la sua firma. Dopo di lui solo il Brit Pop ha saputo canalizzare tanta energia. Da allora poco altro.

Difficile immaginare come si sarebbe evoluto il suo percorso musicale. Probabilmente la strada dei Nirvana non sarebbe andata avanti ancora a lungo. Magari Kurt sarebbe diventato ancora più sfuggente, lanciando ogni tanto qualche segnale sotto forma di album dal suo spazio profondo.

Come sarebbe stato è impossibile dirlo, ma di una cosa si può essere certi: avrebbe potuto dare ancora molto al mondo della musica. Kurt ha deciso diversamente. Per lui è stato meglio “bruciare in fretta che spegnersi lentamente”. Ma come una Supernova la sua luce continua a irradiarsi viva e pulsante.

Domenico Giardina

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Domenico Giardina
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