Call center, la denuncia dei sindacati | “Oltre 3000 posti di lavoro a rischio”

di Maria Teresa Camarda

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Call center, la denuncia dei sindacati | “Oltre 3000 posti di lavoro a rischio”

| lunedì 07 Luglio 2014 - 12:03

“Continua lo stillicidio di annunci di aziende di call center intenzionate a chiudere e a delocalizzare”. I sindacati non nascondono più la propria preoccupazione per la continua perdita di commesse e per la pratica costante di alcune aziende di investire in operatori all’estero.

In particolare, preoccupano British Telecom che ha annunciato l’intenzione di togliere l’attività ad Accenture lasciando 280 persone senza lavoro a Palermo, la crisi di Infocontact con 1500 lavoratori a rischio in Calabria e i 200 lavoratori di Voice Care che a Ivrea hanno perso la commessa di Seat Pagine Gialle, la chiusura della sede di Teleperformance a Taranto con 1500 lavoratori coinvolti e la volontà di delocalizzare 4you a Palermo con altri 400 lavoratori che perderanno il proprio posto di lavoro.

“Oltre 3000 posti di lavoro a rischio nelle prossime settimane”, denunciano in una nota congiunta i segretari nazionali dei sindacati di categoria Michele Azzola (Slc Cgil), Giorgio Serao (Fistel Cisl) e Salvo Ugliarolo (Uilcom Uil). I sindacati chiedono quindi al Governo il rispetto degli impegni assunti in occasione dell’incontro che si è svolto al Ministero dello Sviluppo economico il 27 maggio scorso, cominciando da una nuova convocazione del tavolo di crisi per avanzare proposte risolutive.

E per non restare ancora inascoltati annunciano, dopo la grande manifestazione nazionale dello scorso 4 giugno, un primo presidio sotto la sede del Mise il prossimo 18 luglio e a settembre valuteremo se attivare presidi permanenti e un’ulteriore giornata di mobilitazione nazionale, mentre i territori avvieranno confronti con le istituzioni locali per sollecitare un intervento sul Governo

“Paradossale – continua Salvo Ugliarolo (Uilcom) – è scoprire che non solo lo Stato non chiede il rispetto di leggi esistenti in tema di delocalizzazioni di attività di Call Center ma che l’Ilo, agenzia del lavoro dell’Onu, abbia un programma finanziato con fondi dell’Unione europea finalizzato ad agevolare le delocalizzazioni di call center dall’Italia all’Albania per quelle imprese che vogliano abbassare il costo del lavoro. Il progetto, continua il sindacalista, ha visto un boom di delocalizzazioni dall’Italia mentre gli altri Paesi europei cercano di trattenere e riportare in patria il lavoro con tutti gli strumenti necessari”.

 “E’ inaccettabile – rilancia Giorgio Serao (Fistel) – che ci siano aziende che prive di qualsiasi forma di responsabilità sociale, dopo aver ricevuto tanto dai territori in cui sono cresciute, possano pensare di ricattare istituzioni e i lavoratori. Tutto questo è la dimostrazione che in assenza di regole il mercato cresce non favorendo gli imprenditori migliori ma quelli più spregiudicati. Il Governo non può ritardare ulteriormente un intervento”.

“Non abbiamo recepito correttamente una Direttiva europea del 2001 – ricorda Michele Azzola (Slc Cgil) – che tutela i diritti e l’occupazione dei lavoratori, mancato recepimento che è alla causa delle gravi crisi che investono il settore, mentre l’Europa finanzia progetti che spostano il lavoro dall’Italia verso altri Paesi. Ci chiediamo, conclude il sindacalista, se il silenzio del Presidente del Consiglio su tale situazione stia a significare che è consapevole e condivide quanto sta accadendo”.

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