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Google fa arrestare un pedofilo. E la privacy? | Le caselle email sotto l’occhio di Big G

Google ha aiutato le autorità statunitensi nell’arresto del 41enne John Henry Sillkern, un cittadino di Houston trovato in possesso di materiale pedopornografico: il colosso di Mountain View ha infatti intercettato tra le immagini della casella di posta elettronica Gmail dell’uomo delle foto esplicite, avvisando il National Center for Missing and Exploited Children (NCMEC), che a sua volta ha inoltrato la segnalazione alla polizia.

Servendosi dei servizi di Google, le autorità hanno rintracciato i movimenti “virtuali” di John, catturandolo e trovandolo in possesso di altro materiale pedopornografico sul proprio smartphone e sul tablet. Immediata la carcerazione, con una cauzione per la liberazione fissata dal giudice pari a 200 mila dollari.

Se da un lato si può gioire per la cattura di un pedofilo, dall’altro nasce il timore che il polverone mediatico relativo alla privacy sia stato spazzato via con un solo soffio: l’erogatore dei servizi di posta elettronica può monitorare il contenuto delle email? Il detective David Nettles ha riferito: “Noi non possiamo certo intercettare quelle foto, né avere informazioni al riguardo, ma Google può”.

Google può, appunto. Emma Carr, direttore del gruppo di tutela dei diritti degli utenti “Big Brother Watch”, ha dichiarato alla BBC che “gli utenti di Gmail hanno senza dubbio diritto di sapere quali azioni Google intraprende per monitorare e analizzare i messaggi di posta elettronica che sospetta siano illegali, e inoltre quali tipi di attività illecite sono oggetto di azioni da parte della società”.

Ma se il contenuto incriminato fosse stato soltanto una foto, mentre il testo non avesse nulla di “sospetto”, perché Google ha analizzato le email? In risposta alle lecite perplessità degli utenti, Big G ha fatto sapere tramite un portavoce che “Google rimuove attivamente immagini illegali dai nostri servizi, inclusi il search e Gmail, e segnala immediatamente gli abusi al NCMEC”.

Il sistema si basa su un database di immagini gestito dalla NCMEC stessa: non è infatti Google ad individuare le immagini, bensì un sistema di hashing gestito dall’NCMEC, grazie anche all’aiuto della tecnologia PhotoDNA di Microsoft, che tramite gli algoritmi di Google le individua in maniera automatica.

“È importante ricordare – spiega il portavoce di Google – che usiamo questa tecnologia solo per identificare immagini frutto di abusi sui minori, non altre email che potrebbero essere associate a dell’attività criminale (ad esempio l’uso dell’email per organizzare una rapina)”.

Dunque, se io fossi un pirata informatico o in generale un criminale, purché non un pedofilo, potrei tranquillamente inviare e ricevere email contenenti anche informazioni compromettenti senza la preoccupazione che qualcuno le legga. Sbagliato. Hanni Fakhoury, legale dell’Electronic Frontier Foundation, evidenzia che nelle policy relative alla privacy attualmente in vigore per i servizi di Google, nulla potrebbe impedire al colosso di ampliare il proprio raggio di azione nel nome della lotta al crimine di ogni genere.

Francesco Reina

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