Si è aperto davanti alla Prima Corte d’assise d’appello di Roma, il processo di secondo grado per la morte di Stefano Cucchi, il geometra romano arrestato il 15 ottobre 2009 per droga e deceduto una settimana dopo all’ospedale ‘Sandro Pertini’ della capitale. A presiedere il collegio Mario Lucio D’Andria, con giudice a latere la consigliera Tiziana Gualtieri.
Spetta loro decidere la sorte processuale del primario del ‘Pertini’ Aldo Fierro e dei medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite, Silvia Di Carlo (tutti condannati in primo grado per omicidio colposo) e Rosita Caponnetti (condannata per falso ideologico); nonchè degli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe (tutti assolti in primo grado) e degli agenti della Penitenziaria, Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici (anche loro assolti in primo grado).
Secondo l’accusa, Stefano Cucchi sarebbe stato pestato nelle celle del Palazzo di Giustizia poco prima dell’udienza di convalida del suo arresto, e abbandonato da medici e infermieri che lo ebbero in cura nel reparto detenuti dell’ospedale Pertini. Per i giudici di primo grado, però, Stefano morì di malnutrizione e l’attività dei medici fu segnata “da trascuratezza e sciatteria”.
Il Pg, Mario Remus, ha chiesto di ribaltare la sentenza di primo grado e condannare tutti gli imputati. “C’è la prova – ha detto – che Stefano Cucchi non avesse segni di aggressione violenta prima di arrivare in udienza. L’aggressione è avvenuta dopo l’udienza di convalida dell’arresto e prima della sua traduzione in carcere”. A parere del rappresentante della pubblica accusa la prova delle percosse inferte a Cucchi è nel fatto che “in udienza (quel giorno) ha battibeccato, si è alzato più volte, ha scalciato un banco; certo non avrebbe potuto farlo e fosse stato fratturato”. Per il pg “la localizzazione delle lesioni sul corpo di Stefano non porta a credere che siano state causate da una caduta accidentale, bensì da una aggressione vera e propria. Stefano era di una magrezza eccezionale; il suo esile corpo ha scattato la fotografia di un`aggressione volontaria e intenzionale”. La certezza espressa dal procuratore è che Cucchi “è stato aggredito dagli agenti della polizia penitenziaria che lo avevano in custodia”. In una fase successiva, secondo Remus, “la trascuratezza dei medici appare ingiustificabile. Stefano Cucchi entra in stato di detenzione in condizioni fisiche già precarie, magro, emaciato, con poca massa muscolare. Era un paziente fisicamente difficile che richiedeva cure particolari e non ordinarie”.