Il Papa: “Non si devono temere i cambiamenti” | Il Sinodo riflette sull’omosessualità /VD

di Nadia Palazzolo

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Il Papa: “Non si devono temere i cambiamenti” | Il Sinodo riflette sull’omosessualità /VD

| lunedì 13 Ottobre 2014 - 10:42

“Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”. Lo riconosce la “Relatio antedisceptationem” del Sinodo straordinario sulla famiglia, cioè il documento intermedio che dopo il dibattito prepara quello finale, del quale rappresenta di fatto la bozza che sarà discussa nei “circoli minori”.

“Siamo in grado – ha detto il cardinale Erdo leggendo il documento – di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?”. I vescovi sottolineano poi che i gay “spesso desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro”. Il problema aperto resta però se “le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?”.

 

“Nel Sinodo  – prosegue la Relatio – è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose. Riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo della famiglia, i Padri sinodali, hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, riconoscendo che esse, il più delle volte, sono più subite che scelte in piena libertà”.

“Riguardo alla possibilità di accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, alcuni hanno argomentato a favore della disciplina attuale in forza del suo fondamento teologico, altri – ha riferito Erdo – si sono espressi per una maggiore apertura a condizioni ben precise quando si tratta di situazioni che non possono essere sciolte senza determinare nuove ingiustizie e sofferenze”. Per alcuni, ha riportato ancora, “l’eventuale accesso ai sacramenti occorrerebbe fosse preceduto da un cammino penitenziale, sotto la responsabilità dal vescovo diocesano, e con un impegno chiaro in favore dei figli. Si tratterebbe di una possibilità non generalizzata, frutto di un discernimento attuato caso per caso, secondo una legge di gradualità, che tenga presente la distinzione tra stato di peccato, stato di grazia e circostanze attenuanti”. In sostanza, si legge nel testo, davanti a “situazioni diverse per fattori sia personali che culturali e socio-economici, non è saggio pensare a soluzioni uniche o ispirate alla logica del tutto o niente”.   

 

 

Mentre, “suggerire di limitarsi alla sola “comunione spirituale” per non pochi Padri sinodali pone alcuni interrogativi: se è possibile la comunione spirituale, perchè non poter accedere a quella sacramentale? È stato perciò sollecitato un maggiore approfondimento teologico a partire dai legami tra sacramento del matrimonio e Eucaristia in rapporto alla Chiesa sacramento. Parimenti va approfondita la dimensione morale della problematica, ascoltando e illuminando la coscienza dei coniugi”. “Un tale discernimento – afferma la seconda Relatio – è indispensabile per i separati e i divorziati. Va rispettata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione e il divorzio. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Parimenti va sempre sottolineato che è indispensabile farsi carico in maniera leale e costruttiva delle conseguenze della separazione o del divorzio sui figli: essi non possono diventare un ‘oggetto’ da contendersi e vanno cercate le forme migliori perchè possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile serena”.

In coincidenza con i lavori del Sinodo, l’omelia di Papa Francesco stamani a Santa Marta. Il Pontefice ha ribadito l’esigenza di “Aprirsi alle sorprese di Dio, non chiudersi ai segni dei tempi. Non rimanere attaccati alle proprie idee, ma camminare con il Signore trovando sempre cose nuove”.

Francesco I è partito dall’episodio evangelico di Gesù che parla ai dottori della legge che gli chiedono un segno e li definisce “generazione malvagia” e risponde loro che non sono capaci di “vedere i segni dei tempi”. “Perchè questi dottori della legge non capivano i segni del tempo e chiedevano un segno straordinario (Gesù gliel’ha dato dopo), perchè non capivano?”, si è chiesto il Papa. “Prima di tutto – ha risposto – perchè erano chiusi. Erano chiusi nel loro sistema, avevano sistemato la legge benissimo, un capolavoro. Tutti gli ebrei sapevano che cosa si poteva fare, che cosa non si poteva fare, fino a dove si poteva andare. Era tutto sistemato. E loro erano sicuri”. Per loro, ha aggiunto, erano “cose strane” quelle che faceva Gesù come il suo “andare con i peccatori, mangiare con i pubblicani”.

 

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