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Pistorius condannato a cinque anni | Colpevole di omicidio colposo /FOTO|

Oscar Pistorius, il campione paralimpico riconosciuto colpevole di aver ucciso la fidanzata Reeva Steenkamp nel 2013, dovrà scontare cinque anni di carcere.

Lo ha stabilito il giudice Thokozile Masip. Al momento della lettura della condanna, la Masip ha chiarito che “la sentenza è qualcosa che deve raggiungere un corretto equilibrio e non è un esercizio perfetto”. Una pena ai lavori socialmente utili, ha aggiunto, “non sarebbe appropriata. La seguente è ciò che considero una sentenza equa e giusta sia nei confronti della società, sia dell’accusato”.

“Ho valutato la gravità del reato”, ha spiegato la giudice, mettendo l’accento sulla “palese negligenza” dell’atleta: “Con un’arma letale, un’arma da fuoco carica, l’accusato ha sparato non una, ma quattro volte. Il bagno era un cubicolo stretto e non c’era spazio perchè chi era dietro la porta potesse fuggire”. “Del resto – ha aggiunto – dare a Pistorius una corsia preferenziale darebbe un’immagine sbagliata del sistema giudiziario sudafricano e la Kgosi Mampuru Correctional Services, che è la prigione dove l’atleta potrebbe essere rinchiuso, ospita già un centinaio di detenuti disabili. Sarebbe un giorno triste per questo Paese se si creasse l’impressione ce c’è una legge per i ricchi e famosi, e una legge per i poveri”.

Pistorius è stato condannato anche ad altri tre anni per possesso di armi da fuoco in relazione all’episodio dei colpi sparati in un ristorante poche settimane prima della morte di Reeva, ma questa sentenza è sospesa con la condizionale.

L’atleta non potrà partecipare alle competizioni paralimpiche per tutti i cinque anni della sentenza, anche se gli venissero concessi gli arresti domiciliari. Lo ha sottolineato Craig Spence, portavoce del Comitato Internazionale Paralimpico, precisando che “non potrà gareggiare per cinque anni, per noi deve scontare tutta la pena anche se venisse rilasciato prima”. Il prossimo appuntamento è a Rio de Janeiro nel 2016, ma gli organizzatori dei giochi hanno fatto sapere che l’atleta potrebbe partecipare solo se venisse ridotta la sentenza in appello.

All’udienza pubblica hanno assistito oltre all’accusato, vestito di scuro e con il volto cupo, numerosi familiari dell’atleta sudafricano e della vittima. Non c’è stata nessuna reazione da parte dei familiari (solo la madre June ha sussurrato qualcosa); e anche Pistorius, preso pochi secondi dopo in consegna dalle guardie carcerarie, è rimasto impossibile. L’atleta non ha detto nulla, ma aveva gli occhi lucidi. L’avvocato della famiglia Steenkamp si è detto però soddisfatto della sentenza. “Sono molto contento”, ha detto il padre della ragazza.

Era la notte di San Valentino del 2013, si sentono degli spari nella villa del campione e quando la polizia arriva trova la fidanzata sul pavimento del bagno, ferita a morte da quattro proiettili. L’atleta si dice innocente e racconta di avere sentito la fidanzata Reeva gridare e di avere sparato temendo che ci fossero dei ladri in casa. Una versione dei fatti condita da non poche contraddizioni.

 

Il procuratore Gerrie Nel aveva chiesto un minimo di dieci anni di reclusione senza la condizionale per il campione. La difesa, in una lunga arringa, aveva invece chiesto una condanna a lavori socialmente utili. L’avvocato di Pistorius ha infatti chiesto una condanna ai lavori socialmente utili per il campione paralimpico, sostenendo che il carcere non sarebbe una punizione appropriata per l’omicidio colposo della sua fidanzata nel 2013.

A poche ore dal pronunciamento della sentenza contro Oscar Pistorius da parte del tribunale di Pretoria, la sorella e il fratello dell’ex campione paraolimpico avevano accusato i media di avere “distorto e manipolato” le verità, che sono state anche “rese sensazionali”.

Il procuratore di Pretoria valuterà se fare appello o meno. “Siamo rimasti delusi dal verdetto di omicidio colposo”, ha detto il portavoce, Nathi Mncube: “Non abbiamo ancora deciso se faremo appello o meno, abbiamo 14 giorni per rivedere la legge e vogliamo essere sicuri che i fatti e il diritto ci permettano di fare appello”.

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