Oggi Palermo saluta una delle sua figlie più care. Una donna che, come i suoi genitori, Marcello Cimino e Giuliana Saladino, amò questa città anche quando voleva odiarla per il male che le faceva. Si è spenta a Palermo, dopo una lunga malattia, Marta Cimino.

Nel 1992, quando era da poco esplosa l’autobomba che fece saltare in aria il giudice Paolo Borsellino, mentre i palermitani onesti e combattivi ancora soffrivano per la scomparsa di Giovanni Falcone, Marta un pomeriggio tornò a casa e chiese a sua madre: “Mamma come facciamo a esprimere il dolore che proviamo? Come facciamo a mostrare la nostra indignazione? Quella gente – disse, riferendosi ai mafiosi che controllavano la città – deve sapere che non siamo dalla loro parte, che non ci arrendiamo”. Nacque così l’idea dei lenzuoli antimafia.

Come sudari, centinaia di lenzuoli presero a sventolare dai balconi delle case dei palermitani onesti. Uno dei primi, proprio in quel palazzo di via Maqueda 110, nel centro storico di Palermo, in un luogo che era il simbolo luminoso e buio nello stesso tempo del tempo che passava e che vedeva la città sempre più allo sbando.

Ho conosciuto Marta quando stavo scrivendo la biografia di sua mamma Giuliana, politica, giornalista de L’Ora e scrittrice – ci ha lasciato uno dei romanzi più belli su Palermo, “Romanzo civile”: ricordo la passione che l’animava nel raccontarmi le vite dei suoi genitori. La stessa passione che ha messo lei stessa nella sua vita.

“Con Marta Cimino scompare un punto di riferimento alto della cultura del nostro Paese, una protagonista che è stata e resterà nella storia di Palermo, straordinaria testimonianza di impegno civile in anni difficilissimi”, ha detto il sindaco Leoluca Orlando. Ha ragione. A Palermo una donna come Marta mancherà.