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Sergio Mattarella, il presidente galantuomo | e il valore aggiunto di quei lunghi silenzi

Sergio Mattarella rappresenta da oggi la più alta carica istituzionale di questo Paese. Il custode della Costituzione. Il garante del corretto andamento della vita democratica. Un uomo al di sopra di ogni sospetto, per usare una terminologia cinematografica. Settantatrè anni, primo presidente della Repubblica di origine siciliana (e Palermo, sua città natale, fa festa per il concittadino nuovamente assurto agli onori della cronaca dopo essere stato ispiratore e protagonista a fine anni ’80 della primavera palermitana), Sergio Mattarella è diventato politico di rango nella prima Repubblica e torna d’attualità nel 2015 dopo aver ricoperto per più di tre anni l’importante ruolo di giudice della Corte Costituzionale.

Scuola democristiana – indiscutibilmente – ma non fazioso, formazione politica improntata al rigore, al rispetto delle regole, al silenzio, al lavoro nell’ombra. Nessuna concessione mediatica nemmeno in quest’ultima settimana in cui è stato protagonista assoluto della vita politica pur senza apparire. La scheda ufficiale, vale a dire il breve riassunto della sua carriera, è ormai conosciuta ed è sintetizzabile in una paginetta scarna. Non certo perchè abbia fatto poco – ha cominciato giovanissimo, nei movimenti giovanili – bensì perchè i suoi incarichi non sono mai stati corredati dai fastidiosi orpelli di fascicoli giudiziari, polemiche e veleni che hanno investito tanti suoi colleghi di un tempo. L’unico schizzo di fango, un’accusa di un pentito di avere intascato una tangente, venne spazzato via dai giudici del tribunale “perchè il fatto non sussiste”.

Galantuomo senz’altro, persona perbene e di buone maniere, ammirato dal cittadino comune (almeno quei pochi che lo conoscono direttamente) per la sua semplicità e l’educazione. Poca televisione, poca ribalta per timidezza e per scelta, molte ore dedicate allo studio e alla famiglia (tre figli, la moglie Marisa è morta tre anni fa), tono della voce basso ma parole e concetti sempre molto chiari. Secondo la logica – ormai distante dalla realtà politica italiana – che occorre parlare solo quando c’è qualcosa da dire e non per apparire.

È diventato politicamente famoso (probabilmente suo malgrado) per la legge elettorale che porta il suo nome, il Mattarellum, che rappresentò una complessa sintesi delle esigenze del tempo, spazzata poi dal “porcellum”; e per le clamorose dimissioni da ministro della Pubblica Istruzione, nel 1990, per le profonde divergenze con il Governo sulla legge di riassetto televisivo (da qui la “antipatia” che Berlusconi nutre nei suoi confronti).

Ora l’incarico più prestigioso. L’uomo giusto al momento giusto? Si vedrà, davanti a Mattarella ci sono sette lunghi anni. Anni in cui l’Italia ha bisogno di ritrovarsi, di rappacificarsi con se stessa, di ritrovare al proprio interno quei valori che nel dopoguerra distinsero positivamente il suo popolo. E non è forse quello attuale un “dopoguerra”? L’Italia arranca tra le macerie autoprodotte, sfiducia, improduttività, disoccupazione, povertà e chi più ne ha più ne metta sono ostacoli enormi sulla strada della ripresa reale. Non tocca al presidente della Repubblica risolvere tutto ciò ma l’ampio consenso ottenuto oggi sembra essere un buon punto di partenza, magari un segnale di svolta. Si è scelto un marchio, che non sia solo un’operazione di facciata.

Ed è questo il punto. Chi e perchè ha scelto Mattarella? La regia è di Matteo Renzi – due generazioni più giovane del neo presidente – ma la scelta sembra essere stata un gesto politicamente doveroso all’unità del Pd (vero Bersani?) oltre che un’intuizione vincente per mettere più o meno d’accordo tutti. E la contrarietà di Berlusconi può fare pure parte del gioco politico.

Se da un lato Renzi può ritenersi uno dei vincitori della partita del Quirinale, dall’altro sbaglierebbe di grosso se credesse che la scelta sia caduta su un uomo mite e dunque malleabile. Mattarella – ne siamo certi, conoscendolo – rispetterà integralmente il suo ruolo istituzionale e tiferà per la Costituzione e per la bandiera italiana, non certo per un partito o uno schieramento. E se sarà il caso farà sentire la propria voce: bassa ma chiara.

Guido Monastra

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Guido Monastra
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