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Sanremo, cinque motivi per guardarlo (o per giustificarsi di averlo visto)

Guardare Sanremo è come leggere un Harmony. Sì, nella mia generazione – trentenni un po’ alternativi, un po’ hipster – per guardare Sanremo devi avere una buona scusa, come “Ho un blog, devo scriverne: fa contatti”; oppure “Non so cosa è successo al digitale terrestre, ma perora prende soltanto la Rai”.

Proprio come quando leggi un Harmony, lo fai di nascosto, ne parli solo con le amiche che condividono la stessa passione (magari in gruppi privati su Facebook), cerchi mille scuse per giustificarti anche con te stessa.

La verità è che Sanremo lo guardiamo praticamente tutti. Tranne quelle poche decine di persone che la settimana dopo la messa in onda del Festival, si preoccupano di scrivere il prima possibile sui propri profili social: “Quest’anno sono riuscito a non vedere nemmeno un minuto del Festival di Sanremo”. E quindi? Hai vinto qualche cosa?

Io Sanremo lo guardo. Spesso, magari non tutte le sere. E ho delle ragioni, alcune più precise, altre meno. Le ho contate sono cinque. E adesso le scrivo qui, pubblicamente. Così, all’occorrenza, quando qualcuno – con il tono scandalizzato e un po’ schifato – vi chiederà: “Ma perché, TU guardi Sanremo?!”, potrete rubarle e rispondere: “Sì, io guardo Sanremo perché…”.

1) Nella mia famiglia Sanremo si seguiva ogni anno. Mio padre era un vero appassionato: lo aspettava con ansia, cominciava a parlarne settimane prima, smetteva di prendere appuntamenti con gli amici perché “c’era Sanremo”. Non dormiva fino a tarda notte, non si perdeva nemmeno il dopo Festival e diceva che prima o poi sarebbe andato a seguire una puntata all’Ariston. Ricordo che provavo a restare sveglia perché i suoi commenti sui cantanti e le canzoni mi divertivano: non erano tecnici, ma di pancia, quindi molto più veri e terra terra di quelli che oggi leggo un po’ dappertutto e mi annoiano. Guardo Sanremo perché ancora il giorno dopo mi piace sentire che ne pensa.

2) Quando ero adolescente, le canzoni di Sanremo diventavano subito tormentoni, molto più di ora. E a scuola se non le conoscevi eri out. Allora io volevo capire subito quali sarebbero state le canzoni che avrei dovuto cantare per il resto dell’anno, obbligata a ricopiare le frasi più belle sul diario. E, sempre mio padre, era costretto già il giorno dopo la fine del Festival, a comprarmi la cassetta di Sanremo, che io ascoltavo e riascoltavo per imparare le canzoni a memoria il prima possibile, così da poterle cantare a squarciagola con le compagne di classe mentre guardavamo le foto degli attori sul “Cioè”. Un obbligo sociale che è diventata un’abitudine.

3) La melodia delle canzoni di Sanremo, indubitabilmente, è quasi sempre molto molto orecchiabile. È praticamente uno stile ormai e, vuoi o non vuoi, si tratta di melodie che piacciono alla maggior parte della gente, proprio per la loro semplicità. Piacciono anche a me. È una musica che non mi stanca, che posso ascoltare mentre faccio altro (guidare, scrivere, pulire casa), che riesco a cantare – tranne nel caso di Malika Ayane – con grande soddisfazione, sentendomi così intonata!

4) Sono una gran chiacchierona e guardare Sanremo è la condizione sine qua non per esserlo anche nei giorni successivi alla messa in onda del Festival. Sanremo è l’evento mediatico di cui tutti parlano per giorni e giorni. E la posizione un po’ snob di alcuni – “No, io non lo guardo” – può reggere la prima, la seconda, la terza volta, dopo di che devi assolutamente tornare a far parte del circolo delle conversazioni e devi avere almeno una – dico una – cosa originale da dire. Quindi, devi aver visto almeno una o due puntate.

5) Ok, la quinta scusa mi mancava. Così ho chiesto a Pietro, il cameriere del bar dove sono seduta: “Tu guardi Sanremo?”. “No, ma ovviamente ne ho visto qualche minuto”. “Perché?”. “Perché è l’evento nazional popolare tipico italiano che non puoi perderti. Come le partite della Nazionale ai Mondiali”. Insomma, come il Natale in famiglia: Sanremo è una tradizione.

Maria Teresa Camarda

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  • Verissimo! Io guardo Sanremo perché non puoi fare altrimenti, perchè fa parte della tradizione e perché essere critici stando sul divano con la copertina (e adesso anche su Twitter) è troppo divertente!

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Maria Teresa Camarda
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