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Lavoro, il ministro Poletti ai sindacati | “Basta con i contratti a progetto”

Stop ai cococo e ai cocopro. L’ipotesi del Governo Renzi è di bloccare i contratti di collaborazione a progetto per far emergere il lavoro autonomo e subordinato. La nuova regolamentazione del mondo dell’occupazione è stata presentata dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, durante l’incontro con le parti sociali.

“Sui contratti la nostra scelta non è pregiudiziale e ideologica – ha detto Poletti – non devo cancellare contratti solo ma devo lavorare in un contesto più ampio e chiedermi cosa succede se abrogo una forma contrattuale per evitare che questo porti ad un aumento del lavoro nero e indirizzare invece tutto verso una forma a tempo indeterminato”.

I contratti saranno in stand by in attesa che l’esecutivo ridefinisca le norme per evitare un uso improprio della riforma.

Al consiglio dei ministri di venerdì “ci sarà sicuramente l’approvazione definitiva dei decreti attuativi del Jobs Act sul contratto a tutele crescenti e sulla nuova Aspi. All’esame del Cdm ci sarà poi il decreto che riguarda le tipologie contrattuali, che successivamente andrà nelle commissioni Lavoro di Camera e Senato prima del varo definitivo

Alla domanda se i licenziamenti collettivi saranno esclusi dalle nuove regole previste dal Job Acts, il ministro ha chiarito che “abbiamo assunto la segnalazione dei sindacati e delle Commissioni parlamentari, il Consiglio dei ministri prenderà la sua decisione”.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Inps sono poco più di mezzo milione le persone, soprattutto donne, che hanno un reddito medio inferiore ai mille euro al mese, e che lavorano con contratto a progetto.

Delusa la Cgil che vuole aspettare il testo del provvedimento anche se il segretario confederale Serena Sorrentino, afferma che “sembra più una manutenzione che un disboscamento delle forme contrattuali precarie, in cui più o meno si conferma il quadro esistente, perché ha abolito solo l’associazione in partecipazione e il job sharing”.

Redazione

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  • sono d'accordissimo. proprio per movimentare il mercato del lavoro, perchè per il motivo "spauracchio" che ci sono pochissime alternative in caso di disoccupazione (o al massimo di cambiamento di lavoro), gli italiani sono sempre più incatenati a quelle poche proprie situazioni lavorative che possono definire più sicure, e difficilmente si adoperano per muoversi, cambiare, evolversi addirittura. Perchè o si arrendono alle richieste aziendali di non doversi sposare o mettere su famiglia (vedi alcuni fatti accaduti di recente), oppure prendono contratti sempre più precari. Se l'idea è quella di rendere più malleabile il panorama lavorativo italiano (che sarebbe anche buona intenzione, proprio per il concetto di "evoluzione" della qualità lavorativa italiana), l'idea più ottimale io credo che sia piu opportuno rivalutare un'evoluzione dei vecchi contratti di formazione, che erano un giusto compromesso tra il dare occasione a un giovane di imparare un mestiere (per un periodo a tempo ma abbastanza lungo) e al tempo stesso di avere uno stipendio da ritenere almeno simile a un stipendio fisso; l'azienda inoltre aveva motivi di scarico e/o sgravi fiscali da parte dello stato. Si tratta di dover capire che il problema non è solo economica ma è anche (al pari passo) un problema "sociale"...uno non può escludere l'altro.

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